Domenica 17 novembre | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 17 novembre

Liturgia: Ml 3, 19-20a; Sal 97; 2Ts 3, 7-12; Lc 21, 5-19Domenica 17 novembre Il tempio di Gerusalemme: una delle sette meraviglie del mondo. E Gesù ne predice la distruzione. Più che lo splendore dei marmi, Dio vuole lo splendore della vita di un popolo. Più che in un luogo, Dio abita in mezzo a una comunità. I profeti, se possibile, erano stati addirittura più espliciti contro i capi d'Israele: "Per colpa vostra, Sion sarà arata come un campo, Gerusalemme diventerà un cumulo di rovine e il monte del tempio un'altura boscosa" (Michea).

Gesù viene interrogato sulla fine del tempio
. La distruzione di Gerusalemme era già avvenuta quando Luca scrive il vangelo e vuole indicare che si sta andando non verso "la fine", ma verso "il fine". Alla paura della fine e della morte Gesù mostra un destino diverso per l'uomo e per il mondo, una nuova verità del presente e del futuro: il suo mistero di morte e risurrezione.

Anche san Paolo avverte i cristiani
di Tessalonica: "Vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro ricongiungimento con lui, di non lasciarvi confondere e turbare... quasi che il giorno del Signore sia imminente". Verranno molti e usurperanno il nome di Cristo salvatore. Gesù li smaschera chiamandoli seduttori. Non si deve seguire chi manca di umiltà ed è accecato dall'orgoglio: "Non lasciatevi ingannare!... Non seguiteli".

Prima della distruzione di Gerusalemme
, i cristiani sono stati perseguitati dai giudei e dall'impero romano, colpiti per la loro fede in Gesù. Essere cristiani è un reato, si rischia di passare nel numero dei malfattori. Le persecuzioni sono anche occasioni di testimonianza. Le sofferenze dei martiri sono più eloquenti dei predicatori. I cristiani di Gerusalemme, costretti a fuggire dalla città, portano il vangelo nelle campagne e giungono fino in Fenicia, a Cipro e ad Antiochia. Pietro, Giovanni, Stefano, Paolo... tutti portano il messaggio di Cristo là dove non sarebbe mai arrivato.

Lo scopo di tutto discorso
è riportarci al momento presente. Il Signore doveva venire presto, non è venuto; i cristiani della terza generazione – per i quali scrive Luca – non lo hanno neanche visto. Allora cosa vuol dire (anche per noi) che il Signore è venuto e viene? Luca parla di ciò che avviene nella storia, che è sempre uguale, per cui le cose che sono già avvenute ci servono per capire la nostra vita.

Tutto il male del mondo, non produce la fine del mondo, il male massimo l'abbiamo già fatto, crocifiggere il Figlio di Dio. Ma questa non è stata la fine, è stato l'inizio del mondo nuovo.Mons Angelo Sceppacerca17 novembre 2013
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