Domenica 15 Novembre | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 15 Novembre

Liturgia: Dn 12, 1-3; Sal 15; Eb 10, 11-14.18; Mc 13, 24-32Domenica 15 Novembre In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».

Le immagini sono dell’antico testamento, ma il significato riguarda le cose nuovissime, l’escaton, il finale e l’eterno. In mezzo – e questo ci esamina e ci torchia – ci sono le parole e le parabole che spingono alla sorveglianza. Questo raccontano la storia del fico e i pensieri sulla fragilità del mondo (seguiranno le parole sull'ultima ora, la parabola dei servi e del padrone partito per un viaggio e, infine, l'esortazione alla vigilanza).

Più che le catastrofi spaventa il giudizio di Dio nei confronti di quanti ne sono colpiti. Domina la visione del Figlio che “viene sulle nubi” e che invia gli angeli suoi messaggeri a radunare da ogni angolo del mondo.
Quando sarà? Prima devono spuntare le foglie tenere del fico, poi accadranno queste cose, poi... l’unica cosa certa è che Lui è vicino, ma l’ora nessuno la conosce, per questo ci dobbiamo vigilare, star svegli, come sentinelle. Non lo sappiamo, perché, come piccoli figli, tutto riceviamo dal Padre e siamo nelle sue mani.

Le grandi sofferenze – il sole e luna che si oscurano, i corpi celesti che precipitano – sono i segnali esterni che accompagnano la morte di Gesù sulla croce. Poi viene la resurrezione nella quale trovano senso tutte le patimenti degli uomini.

Eccetto il Padre. Per scamparla bisogna fuggire e proteggersi in Lui. Tutta la vita è un rifugiarsi in Dio per trovare forza e conforto. Ci si decide e lo si fa in fretta, senza voltarsi indietro, senza portarsi appresso quello che non è essenziale. Il nostro tesoro, infatti, è già di là dove si radunerà l’intera umanità – noi, i nostri padri, i nostri figli – salvata dal sangue di Cristo e offerta all'unica paternità di Dio. Tutto passa; solo le parole di Gesù non passano mai, perché nessun’altra parola potrà mai superarla in novità perché Lui è venuto a dirci che “tutto è grazia”, tutto è Dono.Mons Angelo Sceppacerca15 novembre 2015
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