25 dicembre - Natale del Signore | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

25 dicembre - Natale del Signore

Liturgia: Notte: Is 9,1-6; Sal 95 (96); Tt 2,11-14; Lc 2,1-14 / Aurora: Is 62,11-12; Sal 96 (97); Tt 3,4-7; Lc 2,15-20 / Giorno: Is 52,7-10; Sal 97 (98); Eb 1,1-6; Gv 1,1-1825 dicembre - Natale del Signore

A Natale sono previste tre Messe; quella della notte, dell'aurora e del giorno. Dalla notte al giorno, dalla ricerca alla gioia dell'incontro, fino allo splendore dell'annuncio. Nella notte e all'aurora il Vangelo è di Luca. Dopo la storia di singoli (Zaccaria, Elisabetta, Maria), ora quella di tutti i popoli che devono registrarsi nel luogo della propria origine. Maria e Giuseppe partecipano a questa convocazione, inconsapevoli che la loro storia è unica perché riguarda la nascita del Figlio di Dio. Nel grembo di Maria, Gesù compie il viaggio che lo porterà alla Pasqua per la salvezza del mondo: da Nazaret a Betlemme. Viene registrato insieme agli altri, ma è il Primogenito della nuova creazione e dei risorti dai morti. Del censimento nessuno si ricorda; dalla Nascita del primogenito tutti siamo stati salvati e la storia ogni volta può riprendere fiducia e speranza. Su tutto si staglia la grandezza umile e obbediente di Maria e Giuseppe, radicati nella consapevolezza che tutto è nelle mani del Padre.

Dopo le parole dell'angelo i pastori decidono di andare a vedere, non per ubbidire, ma per desiderio. La gloria cantata dagli angeli diventa lode sulla bocca degli uomini. Cielo e terra s'incontrano nella scena di vita di una famiglia ebrea, povera come quei visitatori, come la mangiatoia che fa da culla a un neonato che è il Figlio di Dio, il Salvatore del mondo, l'atteso dalle genti. È come per le parabole: comprende chi crede. Guardando Maria i pastori imparano a mettersi davanti al mistero: anche loro, come Maria, dopo l'annuncio dell'angelo cantano il "Magnificat".

Alla messa del giorno il Vangelo è il Prologo di Giovanni, un inno che contiene il seme di tutto lo sviluppo: Gesù inviato del Padre, sorgente di vita, luce del mondo, pieno di grazia e di verità, Unigenito nel quale si rivela la gloria del Padre. Gesù è la Sapienza di Dio, la sua Parola ultima che ha creato il mondo e che lo divide in tenebre e luce (dove c'è lui). Alla fine la luce avrà la meglio, ma prima conoscerà il rifiuto e la chiusura, perché noi preferiamo l'oscurità. La luce non s'impone.

In Gesù Dio offre a tutti, senza alcuna distinzione, la sua "grazia", altro nome di un amore che non è solo promesso per l'aldilà, ma per tutto il presente della vita terrena. Dio arriva ma continua a premerci dentro l'attesa di una beatitudine finale che attira a sé tutta la storia, singola e collettiva. È un Dio amico quello che si fa bambino, e credibile è il suo amore "natalizio", tutto da contemplare nella tenerezza di un cuore pronto a dialogare a tu per tu.

Dinanzi alla capanna
Nonostante tutto, anche quest'anno torna Natale. Nonostante tutto il peccato addosso e dentro e attorno. Nonostante le distrazioni, i nastri e le luci. Nonostante il rifiuto e il non farci trovare. Abbiamo corso un anno intero. Dovremmo ricordarne i giorni. E le notti. Dovremmo ricordare le ore e i minuti. I volti, soprattutto. Per sentirci smarriti e correre di nuovo lì davanti, alla capanna. Dinanzi a quei volti di donna, di uomo, di bambino. Dinanzi a Maria, Giuseppe, Gesù. E prendere posto. Come i personaggi e le storie che ruotano attorno. Tra luci e ombre, violenze e speranze. Noi dobbiamo prendere posto. Non si merita spazio tra i volti di speranza. Ma lo vorrei. Almeno per questo desiderio, forse, posso starci anch'io in questo presepe. C'erano anche un asino e un bue, dice la tradizione. A far caldo col loro alito perché il seme, divenuto maturo, faccia pane a tutti.

Mons Angelo Sceppacerca25 dicembre 2017
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