Domenica 6 ottobre | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 6 ottobre

Liturgia: Ab 1, 2-3; 2, 2-4; Sal 94; 2Tm 1, 6-8.13-14; Lc 17, 5-10Domenica 6 ottobre

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: "Sràdicati e vai a piantarti nel mare", ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: "Vieni subito e mettiti a tavola"? Non gli dirà piuttosto: "Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu"? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: "Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare"».

Ve ne basterebbe quanto un granello di senape. La prima risposta del Signore è semplice e dura: noi di fede non ne abbiamo per niente. Nulla, neppure un pizzico, il più piccolo acino che si possa intravedere. E' chiara la sproporzione, nella fede, tra quello che può ottenere lo sforzo dell'uomo e quello che, invece, è puro dono di Dio. Gesù non aveva davanti uomini senza fede, ma individui che, per fede in lui, avevano lasciato tutto e lo avevano seguito. Gesù voleva ribadire che questa fede non era loro, ma dono di Dio, grazia per il presente e per il futuro, in grado di renderli capaci di cose anche più grandi di quelle che accadevano sotto i loro occhi.

Ne basta un granello, ma a che serve la fede? Ad avere forza di perdonare. Il perdono è possibile per la forza della fede. Ne basta poca perché la fede è sempre comunione con il Dio onnipotente.

Meglio dire "Siamo servi senza utile, senza guadagno". La fatica dell'apostolo non si spiega con l'utile personale o il guadagno, ma per amore; la ricompensa più alta è predicare gratuitamente il vangelo (1Cor 9,18). Tutto quello che riceve è grazia. I santi ne sono modello. E Gesù, il servo obbediente, è lo stampo.

Dopo la fatica nei campi, in mezzo al gregge, fuori di casa, ne viene ancora una, più intima, diretta e profonda, non più nei confronti di cose appartenenti al padrone, ma proprio verso il Signore. È il servizio della preghiera, dell'offerta nascosta, del nascondimento. È la conformità a Cristo che porta i santi a salire sulla Croce e, nello stesso tempo, a partecipare alla sua consolazione. Ma per questo meglio chiedere ai mistici e ai contemplativi. Come Gemma, Teresina, Brigida, Caterina, Teresa Benedetta, Benedetto, Francesco, Bruno...

La gloria è nel finale:...e dopo mangerai e berrai tu. Il dopo è certo come lo è questa ora.

Mons Angelo Sceppacerca6 ottobre 2019
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