Commento al Vangelo
Domenica 26 aprile - Terza di Pasqua
Liturgia: At 2, 14.22-33; Sal 15; 1Pt 1, 17-21; Lc 24, 13-35Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l'hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l'un l'altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Il Vangelo di questa domenica ripresenta l'episodio di Emmaus e dei due discepoli che fuggono da Gerusalemme perché gli eventi di quei giorni sono troppo pesanti per resistervi. Cleopa e il suo compagno prendono la strada della campagna, vogliono andar lontano da quegli avvenimenti, ma per strada non parlano d'altro. Proprio sulla strada sono raggiunti da Gesù che, per tutto il tratto, li ascolta, risponde, li porta a ricordare, a credere, a tornare a sperare.
Passeranno alla storia come i discepoli di Emmaus. Uno è Cleopa, forse zio di Gesù: l'ha conosciuto secondo la carne, ma deve riconoscerlo nello Spirito. L'altro è anonimo, porta il nome di ogni lettore, può essere ciascuno di noi, chiamato a fare la stessa esperienza. Parlano di Gesù, conoscono tutti i fatti che lo hanno visto coinvolto, fino alla morte, ma manca loro il dato decisivo, la resurrezione. Anzi, nel loro dire "speravamo che", si comprende come la croce sia stata da loro interpretata come la fine di ogni speranza.
Alla fine conta che il Signore resti con noi, come hanno chiesto i due di Emmaus, perché si fa sera e scende su noi il timore. In mezzo al dialogo concitato dei due, entra l'ospite inatteso, Gesù. Prima non lo si riconosce; dopo è lui che spiega e dice che siamo tardi a capire. Il loro è un racconto triste della storia di Gesù; parlano solo di una tomba vuota come hanno loro detto le donne.
I discepoli di Emmaus annunciano il fallimento di Cristo; narrando la loro frustrazione, essi annunciano un morto e la perdita di ogni speranza. In questo modo essi tengono chiusa nel sepolcro la Chiesa di sempre, annunciatori e destinatari.
Eppure il Signore cammina con loro, come fu con Mosè nell'Esodo. Anche allora, tante volte, camminavano insieme e Dio non fu riconosciuto dal suo popolo. Anche la direzione del viaggio è opposta: Gesù andava verso Gerusalemme, i due se ne allontanano delusi e senza speranza. Solo quando lo riconoscono, cambiano direzione di viaggio, senso della vita. Ed è proprio il forestiero in Gerusalemme a illuminare la strada e a scaldare i cuori.
La Scrittura illumina e scalda solo alla luce e al calore della persona di Gesù, crocifisso e risorto. Ora non si può fare a meno di Lui; solo Lui può dare speranza alla nostra storia: "Resta con noi perché si fa sera". Tutto si compie allo spezzare del pane, che è il modo nuovo della sua presenza, più a fondo degli occhi e degli orecchi.
Francamente ci saremmo aspettati un altro racconto dei fatti del giorno di Pasqua. I discepoli, al vedere il Risorto avrebbero dovuto immediatamente esultare di gioia! Invece stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Il vangelo dei fatti pasquali è di un realismo sconcertante: la Maddalena scambia il risorto per un ortolano; le tre donne al sepolcro lo trovano vuoto e piene di dubbio e spavento se ne tornano a casa; i due di Emmaus lo scambiano per un viandante; gli apostoli nel cenacolo, infine, lo credono un fantasma e hanno paura.
Dopo la resurrezione, Gesù appare trasfigurato, ma non con i segni della gloria: in qualche modo continua a partecipare alle vicende umane dei suoi discepoli e della sua Chiesa. I discepoli, le donne e gli apostoli, pur avendolo visto e toccato, dovettero riconoscerlo e credergli attraverso la sua parola e il segno del banchetto eucaristico. Anche noi.
Se Gesù sparisce, il pane resta. L'Eucaristia è il compimento della promessa di Gesù di essere con noi fino alla fine del tempo.
Mons Angelo Sceppacerca26 aprile 2020