Commento al Vangelo
Domenica 4 ottobre
Liturgia: Is 5, 1-7; Sal 79; Fil 4, 6-9; Mt 21, 33-43In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un'altra parabola: c'era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: "Avranno rispetto per mio figlio!". Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: "Costui è l'erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!". Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
"La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata lapietra d'angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi"?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Il "padrone" di cui parla Gesù in realtà è il "padrone di casa", il "padre di famiglia" che porta su di sé anche la responsabilità di provvedere al sostentamento dei suoi. La vigna è il simbolo della fecondità, della stabilità e della benedizione di Dio sul suo popolo. Un simbolo così ricco di significato che compare ben 91 volte nell'Antico Testamento. Ma più spesso la vigna è il simbolo di Israele, il popolo amato e prediletto da Dio. Lo si capisce dall'affetto di cui Dio ha circondato questa vigna che è il suo popolo. È a questa figura che si riferisce il Vangelo di oggi.
Un uomo, dice la parabola, ma si tratta di Dio. E fa tutto perché la vigna produca il meglio, fidandosi degli operai come di persone di famiglia. I vignaioli, invece, si mostrano sfrontati e malvagi, al punto di pensare di uccidere il figlio per sostituirlo nell'eredità. Contro la speranza del padre i vignaioli compiono il gesto definitivo pagato prima dalle violenze contro i servi. Siamo alle radici del mistero di Dio e dell'uomo. Il peccato è, alla radice, la scelta dell'uomo che al dono di Dio preferisce il tentativo di rubarlo.
Dopo l'uccisione del primo servo nessun padrone ne avrebbe mandati altri, invece quest'uomo ha una pazienza infinita e alla fine addirittura manda suo figlio. È un padrone che non è di questa terra. È Dio, il Padre.
S'insiste molto sui frutti della vigna che il padrone - Dio - non riesce a raccogliere. Al contrario, la vigna a causa della malvagità di quegli operai, sembra produrre solo violenza e sangue innocente. Al punto che gli interlocutori di Gesù reagiscono invocando una maggiore violenza e vendetta da parte del padrone. Gesù, invece, non minaccia lo sterminio degli omicidi, ma solo la loro sostituzione nella destinazione del Regno di Dio.
Resta l'uccisione del figlio. Che non è solo parte di una parabola, ma storia vera, storia di Pasqua, di morte e resurrezione, storia delle meraviglie che Dio compie attraverso una storia tragica. Quella di Dio è davvero un'altra parabola rispetto alle nostre storie.
Siamo ad ottobre, mese missionario. Anche il Vangelo chiede qualcosa in più. L'intelligenza spirituale della parabola dobbiamo concentrarla su queste idee: il Regno di Dio, il popolo che lo avrà in dono, i frutti da produrre. Agostino, il vescovo di una chiesa che o era missionaria o scompariva, diceva in una omelia: "Venga il tuo regno. Lo chiediamo o non lo chiediamo, verrà ugualmente. Dato che il regno di Dio non ha principio, non avrà nemmeno mai fine. Ma affinché sappiate che facciamo questa preghiera per noi e non per Dio, noi saremo il suo regno se credendo in lui faremo progressi con la sua grazia. Tutti i fedeli, rendenti con il sangue dell'unigenito suo Figlio, saranno il suo regno".
In fondo, essere missionari è proprio questo: portar frutti di vita nuova, crescere e allargare i confini del popolo nuovo nato sotto le braccia del crocifisso. Gesù è l'erede che, "fuori" da Gerusalemme, viene messo a morte. Eppure una nuova comunità di discepoli nasce dalla Pasqua del Signore.
Gesù è la pietra scartata, l'erede cacciato dalla vigna e ucciso fuori da Gerusalemme. Una nuova comunità di discepoli-operai nascerà dalla sua Pasqua.
Mons Angelo Sceppacerca4 ottobre 2020