Domenica 17 settembre | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 17 settembre

Liturgia: Sir 27, 33-28, 9; Sal 102; Rom 14, 7-9; Mt 18, 21-35Domenica 17 settembre

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa". Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: "Restituisci quello che devi!". Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò". Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: "Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?". Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

La domanda di Pietro serve a chiarire quello che Gesù aveva appena insegnato: c'è un limite al perdono? La risposta è precisa e netta: no! Questo è il senso di quel "settanta volte sette". La parabola che segue dice che il perdono non è un episodio ma l'abitudine dei discepoli, consapevoli di essere essi stessi debitori graziati. I cristiani sono quelli che sono stati perdonati e sanno perdonare. La giustizia divina salva perché il Figlio di Dio è venuto lui stesso a liberarci dal male. Diversa è la giustizia degli uomini, capace di condannare tutti perché chi è colui che non ha una colpa?

La parabola sposta lo sguardo dai peccati contro Dio al male che ci facciamo tra noi. Anche il rapporto con il Signore è legato a quello che abbiamo fra di noi. L'amore non ha, forse, due volti dello stesso comandamento? La parabola non riferisce un caso speciale, ma dice come è Dio e come si comporta con l'uomo. Gesù ha rivelato un Dio che è misericordia, che libera e rimette il debito. Questo è il cuore del vangelo e la Pasqua di Gesù è l'ora in cui si compie tutto questo.

Il perdono fino a sette volte, proposto da Pietro, era già una cosa straordinaria. Ma il settanta volte sette di Gesù è molto di più perché chiede di perdonare sempre. Solo un perdono stabile e continuo può risanare il dilagare dell'odio, da Caino in poi. Per prosciugare il fiume in piena dell'odio e rompere il cerchio della violenza, serve un perdono che non sia dimenticanza o debolezza, che non equipara il bene al male, ma vince il secondo con il primo. Il perdono è un atto di amore e di libertà, perché si accetta il fratello, nonostante il male ricevuto, come il Padre raccoglie noi.

Come si fa a vivere il perdono? E con chi iniziare? Iniziare con i vicini, in famiglia, sul lavoro, a scuola… L'istinto ci indicherà i difetti degli altri, la memoria il loro passato … Occorre un occhio nuovo e la capacità di accettarli sempre, come una madre che non rinnega mai i suoi figli. Ecco, perdonare è come generare l'altro dentro di sé, ridargli vita. E non per fare una bella figura, ma per sanare noi stessi da quell'odiosità del servo malvagio e, soprattutto, scampare dalla giustizia divina: "Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello". Se non c'è misericordia, ci sarà giustizia. Il modello del settanta volte sette è descritto da Gesù nell'ultima cena, prima della sua passione: "Non c'è amore più grande di chi dà la vita per gli amici". Il modello è Gesù e il "padrone", in realtà, è il Padre che perdona settanta volte sette.


Il monaco, il predone ed il mercante
C'era una volta un monaco.
Un piccolo monaco che viveva da solo in una modesta e minuscola capanna nel deserto.
Passava il tempo pregando e per guadagnare da vivere fabbricava cestini e cappelli intrecciando foglie di palma.
Molta gente veniva dalla città e gli sottoponeva i suoi problemi e lui cercava di aiutarli e confortarli.
Il piccolo monaco indossava un vestito di tela grezza, mangiava pane e acqua e non possedeva proprio niente eccetto un libro speciale, che era il suo tesoro e che leggeva ogni giorno.
Un giorno, un predone entrò come una furia nella capanna del monaco.
Un predone truce e cattivo.
Con una folta barba scarmigliata e un'affilata e minacciosa spada.

"Dammi il tuo tesoro!" sbraitò.
Il piccolo monaco gli consegnò il libro prezioso, nonché unico, e stette tristemente a guardare il predone che se andava.
Quando il predone arrivò alla città, si precipitò nella bottega di un mercante e senza tanti preamboli gli chiese il valore di quel libro straordinario.
"Ma io non so niente di libri!" si lamentò il mercante.
"Io ho bisogno di soldi! Tanti!
Dimmi quanto vale questo librò e io lo venderò!" gridò il predone.
"Non lo so proprio" pigolò il mercante, sfogliando il libro, "Ma conosco qualcuno che se ne intende, un vero esperto.
Lasciami il libro per un giorno o due e glielo chiederò!"
"D'accordo!" grugnì il predone, sguainando la spada, "Tornerò qui tra due giorni.
Fa' in modo che il libro sia qui, quando tornerò!"
Quella sera, dopo la chiusura della bottega, il mercante montò sul suo mulo e lo spronò nel deserto.
Cavalcò per chilometri finché giunse alla piccola capanna e incontrò il piccolo monaco.
"Ho un libro!" gli spiegò, "Un tipo grande e grosso con una folta barba è venuto da me.

Vuole venderlo. Mi puoi dire quanto vale?"
Trasse il libro dalla borsa e lo mostrò al monaco.
Il piccolo monaco fissò il libro.
Non avrebbe mai immaginato di rivedere così presto il suo tesoro.
Ma non gridò: "È mio!" ne puntò il dito contro il mercante dicendo: "Quell'uomo è un ladro!" No.
Tutto quello che disse fu: "Questo è un libro di grandissimo valore. Vale almeno lo stipendio di un anno!"
Il mercante si accomiatò e ritornò in città.
Quando il predone si presentò aveva l'aria più spietata che mai.
"Allora dimmi," brontolò, "quanto vale il mio libro?" "Parecchio!" sorrise il mercante. "Almeno lo stipendio di un anno!"
L'umore del bandito cambiò un po'. "Magnifico!" ghignò, "E come fai ad esserne così sicuro?"
"È stato facile!" spiegò il mercante, "C'è un piccolo monaco che vive nel deserto in una piccola capanna.
Lui conosce tutto di queste cose. Gli ho portato il libro e gliel'ho mostrato!"

L'umore del bandito cambiò del tutto. "Un piccolo monaco? Nel deserto?" balbettò.
"Proprio così!" rispose il mercante.
"E gli hai detto chi voleva vendere il libro?" domandò il predone. "Un uomo grande e grosso con una folta barba: questo gli ho detto!" replicò il mercante.
"E il monaco non ha detto niente del libro? Niente di me?" chiese, allora, il predone.
"Niente.
Perché?" replicò il mercante.

"Così!" mentì il predone, "Tanto per dire."
Poi afferrò il libro e lasciò la bottega in fretta e furia. Salì sul suo cavallo e ritornò nel deserto.
Cavalcò e cavalcò fino alla piccola capanna.
"Che cosa significa?" sbraitò entrando come una raffica di vento nella capanna, "Avresti potuto denunciarmi e mi avrebbero arrestato. Perché non hai detto niente?"
"Perché ti avevo già perdonato!" rispose il monaco.
"Perdonato me?" gridò il predone, "Perdonato?"
La sua voce si smorzò.
"Nessuno mi ha mai perdonato!" quasi sussurrò. "Mi hanno odiato, cacciato, inseguito, esiliato, condannato.
Ma perdonato, mai!"
In quel momento qualcosa mutò nel cuore del predone grande e grosso.

Estrasse il libro dal suo sacco e lo porse al monaco: "È tuo!"
Il piccolo monaco sorrise e ringraziò il bandito.
Poi lo invitò a fermarsi nella capanna per imparare qualcosa di più sul perdono e la pace nel cuore.
Non molto tempo dopo, il predone si fece monaco, un monaco grande e grosso con una folta barba, felice di dividere con gli altri il poco che aveva.

Bruno Ferrero, Tante storie per parlare di Dio, Edizioni ElleDiCi.

Mons Angelo Sceppacerca17 settembre 2023
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