Commento al Vangelo
Domenica 22 giugno - Corpus Domini
Liturgia: Gen 14, 18-20; Sal 109; 1 Cor 11, 23-26; Lc 9, 11b-17
Gesù accolse le folle che lo seguivano e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C'erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
La povertà come condivisione (non è moltiplicazione, ma suddivisione) non è un ornamento della missione apostolica, ma essenziale. Prima del miracolo del pane spezzato per tutti (la carità divide le cose per moltiplicarle), Gesù chiede ai suoi di provvedere a tutto, di offrire alla gente una cena speciale, ricca di significato, strettamente legato proprio all'annuncio evangelico. Qui appare la povertà dei loro mezzi e la sproporzione rispetto a quello che Gesù chiede loro. Gesù "alzò gli occhi al cielo": quando ci sono problemi difficili bisogna guardare in alto e riferirsi al Padre dal quale tutto si riceve in dono, come questo grande segno di una mensa apparecchiata con poco che però nutre i cinquemila e avanza di dodici ceste. Dodici apostoli ricevono da Gesù i pani e i pesci da dare ai cinquemila; ad ognuno resta una cesta per continuare a nutrire tutte le generazioni cristiane. Le ceste avanzate sono anche segno di tanta gente che attende ancora la dilatazione del dono di Dio; ogni cesta è già pronta perché ciascuno degli apostoli la possa portare fino ai confini della terra.
Alla fine non c'è nessuno che, venuto al banchetto del Messia, sia costretto a tornarsene digiuno. Il particolare sul molto avanzato sembra dire che anche quelli che non hanno fatto in tempo a partecipare e a sedersi con Gesù, comunque hanno ancora una possibilità per saziarsi. È avanzato molto pane, riservato a chi è rimasto fuori dalla mensa. A noi che oggi siamo a messa, vengono in mente coloro che non sono seduti con noi e che non possono partecipare al banchetto.
Sono molti.
Sono, anche oggi, i fratelli cristiani perseguitati in varie zone del mondo che non possono celebrare l'eucaristia perché è loro proibito.
Sono i fratelli e le sorelle che non sono riusciti a mantenere integro il vincolo del matrimonio e non possono nutrirsi del pane eucaristico.
Sono le comunità, in terra di missione, che non hanno un sacerdote e non possono celebrare ogni domenica l'eucaristia della resurrezione.
Sono, ancora di più, coloro che non conoscono la bellezza e il senso dell'eucaristia, oppure si sono allontanati dalla Chiesa, forse anche a causa del nostro comportamento. Sono, infine, tutti quelli che non hanno mai incontrato il messaggio buono di Gesù e perciò non conoscono nemmeno la gioia del suo banchetto.
Ovunque arriva lo sguardo, l'eucaristia resta il cuore di tutto il mondo, anche al di là della Chiesa visibile. Le dodici ceste avanzate sono colme della speranza che attorno al tavolo di Gesù c'è posto per tutti, c'è pane per ognuno.
Resta la domanda se il segno dell'Ostia consacrata, quel piccolo pane bianco, sia abbastanza eloquente, comunicativo. Si è sempre lodato e adorato Gesù "nascosto nei suoi veli" che coprono la divinità e nascondono anche l'umanità. Una cosa è certa. Quel pane provoca la nostalgia di Dio. Pur "velato" nei segni, quel pane inerme e offerto alla fame di ognuno, apre uno squarcio nell'anima alla nostalgia di Dio.
Annalena Tonelli, originaria di Forlì, medico, laica, missionaria. È morta a Boroma, in Somaliland, uccisa a colpi di arma da fuoco, il 5 ottobre 2003. Non poteva vivere senza il corpo del Signore. Fin dal 1971 aveva auto il permesso di conservare l'Eucaristia presso di sé. Ricorda il vescovo Bertin: "L'ultima Messa che celebrai con lei fu nell'agosto 2003. Cambiai l'Ostia consacrata e le lasciai una parte dell'Ostia grande della Messa. È questa Ostia che, dopo l'uccisione di Annalena, il mio vicario ritrovò dentro un armadio, in un sacchetto di pelle morbida, insieme a una croce francescana, dentro un purificatoio". E queste le parole di Annalena, nel suo diario: "Ora la casa ha il suo Padrone. La sicurezza e la pace che dà la sua presenza, stanno diventando la forza e l'equilibrio della mia vita. Lui mi dice: vieni a stare con me. Io soltanto posso tutto. Ora conosco la sua voce meglio della mia, meglio dei miei pensieri".
La processione del Corpus Domini varca le porte delle chiese. L'Eucaristia non può esaurirsi entro le mura del tempio, ma tende necessariamente a varcarle per diventare impegno di testimonianza e servizio di carità. Ognuno che ha compreso il senso di ciò cui ha partecipato, si sente debitore verso ogni fratello di ciò che ha ricevuto. Va a cercare quelli che non c'erano.
Madre Teresa di Calcutta, proclamata Santa da san Giovanni Paolo II nel contesto del Giubileo dedicato alla Divina Misericordia, ha consegnato alle sue Missionarie della Carità questo programma quotidiano: Santa Messa e Comunione al mattino, dieci o dodici ore di servizio ai poveri, un'ora di adorazione eucaristica alla sera: "Cominciamo la nostra giornata con la Messa e la Comunione e la terminiamo con un'ora di adorazione, che ci avvicina e ci unisce a Gesù e ai poveri, nei quali gli offriamo i nostri servizi". Nell'Eucaristia lo vediamo e tocchiamo nell'aspetto del pane, poi invece durante il lavoro nell'aspetto dei poveri, sofferenti, lebbrosi, moribondi, affamati, ignudi, bambini. "In tal modo, restiamo in contatto con Lui durante 24 ore al giorno … Noi siamo contemplativi in mezzo al mondo, perché tocchiamo Cristo per ventiquattrore al giorno". "Noi – dice ancora Madre Teresa – mettiamo le nostre mani, i nostri occhi e il nostro cuore a disposizione di Cristo, perché egli agisca per mezzo di noi".
Gesù sazia la fame di cinquemila persone, facendosi aiutare dai discepoli. Oggi vuole rendere presente e visibile il suo amore gratuito e misericordioso attraverso di noi: è questa la missione della Chiesa e dei singoli cristiani, disponibili ad accogliere e trasmettere la sua misericordia. Così come invoca la bellissima preghiera di S. Faustina Kowalska, umile e grande testimone e messaggera della Divina Misericordia.
"Aiutami, o Signore, a far sì che i miei occhi siano misericordiosi, in modo che io non nutra mai sospetti e non giudichi sulla base di apparenze esteriori, ma sappia scorgere ciò che c'è di bello nell'anima del mio prossimo e gli sia di aiuto.
Aiutami a far sì che il mio udito sia misericordioso, che mi chini sulle necessità del mio prossimo, che le mie orecchie non siano indifferenti ai dolori e ai gemiti del mio prossimo.
Aiutami, o Signore, a far sì che la mia lingua sia misericordiosa e non parli mai sfavorevolmente del prossimo, ma abbia per ognuno una parola di conforto e di perdono.
Aiutami, o Signore, a far sì che le mie mani siano misericordiose e piene di buone azioni, in modo che io sappia fare unicamente del bene al prossimo e prenda su di me i lavori più pesanti e più penosi.
Aiutami a far sì che i miei piedi siano misericordiosi, in modo che io accorra sempre in aiuto del prossimo, vincendo la mia indolenza e la mia stanchezza. Il mio vero riposo sta nella disponibilità verso il prossimo.
Aiutami, o Signore, a far sì che il mio cuore sia misericordioso, in modo che partecipi a tutte le sofferenze del prossimo. A nessuno rifiuterò il mio cuore, nemmeno a coloro di cui so che abuseranno della mia bontà. Non parlerò delle mie sofferenze. Abiti in me la Tua Misericordia, o mio Signore" (Diario).
In questo deserto che é la vita, la folla ancora chiede pane, felicità, senso della vita. E Gesù si consegna, ogni domenica, alle nostre comunità. Pieghiamo il cuore davanti a quel pane che è tutto quanto ci occorre: lì, memoriale della morte in croce di Cristo, c'è tutto Dio che si consegna per amore. Madre Teresa: "Le nostre città muoiono di fame, le vostre città muoiono di fame d'amore". Quel pane ci è necessario. E dura una settimana. Potremmo dire al Signore, come gli apostoli: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù risponderebbe anche a noi: «Voi stessi date loro da mangiare». Bastano cinque pani e due pesci.
Signore Gesù, la tua presenza nell'Eucaristia
È la più grande
Ma è anche la più nascosta;
perfino più nascosta di quella sulla croce,
perché là si nascondeva solo la tua divinità,
ma qui si nasconde anche la tua umanità.
Invece più manifesta,
anzi a volte perfino trasparente,
è la tua presenza nei miracoli, nei santi,
nell'unità e nell'amore reciproco tra i credenti.
Suscita dunque in ogni comunità
famiglie cristiane esemplari,
come fuochi accesi che illuminano e riscaldano.
Fa che la Chiesa sia più famiglia (Ennio cardinale Antonelli)
E la famiglia più Chiesa.
Allora sarà più facile credere in te,
perché gli uomini di oggi,
più che sentire parlare di te,
vogliono in qualche modo vederti. Amen
Mons Angelo Sceppacerca22 giugno 2025