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Messaggio del Vescovo per la Quaresima 2006
Carissimi,
Il messaggio quaresimale che offro alla vostra riflessione è imperniato, in modo semplice e breve, sull’evento che sta all’inizio della comune vita cristiana e ne è il fondamento sul quale edificare l’intera esistenza: il battesimo.Il Papa, nel suo messaggio per la quaresima, afferma che la “Quaresima è il tempo privilegiato del pellegrinaggio interiore verso Colui che è la fonte della Misericordia. E’ il pellegrinaggio in cui Lui stesso ci accompagna attraverso il deserto della nostra povertà, sostenendoci nel cammino verso la gioia interiore della Pasqua”.
La Quaresima è stata sempre un tempo forte nella vita della comunità cristiana. Essa si colloca sempre di più sotto il segno della compartecipazione, non solo per quanto riguarda la preghiera, la ricerca di Dio, la vita secondo il vangelo, ma anche per quanto riguarda le necessità degli uomini bisognosi dei nostri gesti di solidarietà.
Nella tradizione la festa di Pasqua è diventata molto presto il grande momento della celebrazione del Battesimo. Nel corso delle settimane precedenti, i catecumeni ricevevano una preparazione tutta speciale che li introducevano al mistero cristiano. Oggi la Quaresima è un tempo di approfondimento della fede per i battezzati. Tale cammino rende più vera la professione di fede che rinnoviamo la notte di Pasqua. Essere cristiani oggi presuppone sempre più una scelta personale, per poterla fare è necessario ascoltare la voce di Dio che chiama a conversione; è una voce instancabile, attraversa la storia degli uomini e la conduce verso una realizzazione piena nonostante le resistenze e il male che tante volte sembrano avere il sopravvento al Suo amore.
Conversione vuol dire non radicarsi in atteggiamenti di vita che non è vita, non indugiare nelle logiche del mondo, non sistemarsi lasciandosi afferrare dai compromessi. Conversone vuol dire anche qualche cosa di più vivo e grande: andare, cioè, verso Dio accogliendo il Suo invito: “Ritornate al Signore vostro Dio…. Convertitevi a me”. Quante volte questa parola è risuonata nella nostra coscienza perché la vita sia riorientata verso Dio, incamminata verso Lui.
Per poter compiere tale cammino è opportuno recuperare il significato vero della Quaresima, riscoprirne i segni visibili e riproporli come testimonianza, senza preoccuparsi di essere derisi. Anche nel passato si celebrava il carnevale, ma appena dopo, le comunità cristiane bandivano tutto ciò che era frivolo dalla vita. Regnava una certa simbologia collettiva che induceva a privarsi, facendo un certo sforzo, delle cose piacevoli. Oggi tanti segni quaresimali sono venuti meno e si è sopraffatti, nella società, da segni opposti e talora ostili. Ora siamo noi, singolarmente e comunitariamente responsabili nell’attivare un cammino quaresimale che non lasci passare invano questo tempo favorevole come afferma san Paolo “ecco il momento favorevole. Ecco il giorno della salvezza” (2 Cor 6,2).
Il giorno delle Ceneri ci presentiamo davanti al Signore come peccatori e penitenti per iniziare un itinerario di sincerità, di verità e di purificazione atto a farci riscoprire la ricchezza del battesimo. Lo scopo è vivere la novità del battesimale scaturita dalla redenzione di Cristo, abbandonando l’esistenza basata sull’egoismo e sulla paura. Il punto di partenza del cammino può essere diverso per ognuno: l’incredulità, il peccato, la tiepidezza, ma il punto di arrivo è lo stesso per tutti: vivere da risorti in Cristo. Non si tratta di diventare cristiani, quasi che finora non lo fossimo stato, o stato appena di nome; si tratta di scoprire con gioia la ricchezza, che è già nostra, del battesimo, ma che forse giace sepolta e inattiva dentro di noi.
Il Papa ci invita a riscoprire il battesimo come dono, dono che va accolto e vissuto. Tutto ciò che non è compatibile con tale dono deve essere rifiutato; occorre saper dire no, rinunciare alle tentazioni, al peccato, senza vergognarci di dire che si rinuncia al diavolo. Abbiamo ascoltato tante catechesi; ci sono familiari i riti battesimali e tuttavia ci dicono così poco o non incidono affatto nella vita.
Torniamo a interrogarci a Chi e a che cosa diciamo “no” nel battesimo. Solo così possiamo capire a Chi e a che cosa diciamo “sì”. E’ un dire “no” ad una cultura apparentemente di vita, ma che in realtà è una cultura di morte che trova manifestazione , per esempio, nella droga, nella fuga dal reale verso l’illusorio, verso una felicità falsa che ricorre alla menzogna, alla truffa, all’ingiustizia, al disprezzo dell’altro, venendo meno alla responsabilità e alla solidarietà per i poveri e per i sofferenti; che si esprime inoltre in una sessualità ridotta a egoistico piacere rispetto alla dignità della vita propria e altrui. La nostra società è violentata dalla speudo-cultura di tanti media che banalizzano tutto e poi magari condannano i frutti violenti che spesso ne conseguono. E’ questa ipocrisia che va condannata.
A questa promessa di apparente felicità, a questa cultura di morte opponiamo la cultura della vita. E’ proprio del cristiano il grande “sì” alla vita, che poi è il grande “sì” a Cristo, al vincitore della morte a Colui che dona la vita nel tempo e nell’eternità.
“Potremmo anche dire che, come insegna il Papa, il contenuto di questa cultura della vita, il contenuto del nostro grande “sì”, si esprime nei dieci comandamenti, che non sono un pacco di proibizioni, di no, ma presentano in realtà una grande visione di vita. Sono un “sì” a un Dio che dà senso al vivere ( i tre primi comandamenti); “sì” alla famiglia (quarto comandamento); “si” all’amore responsabile (sesto comandamento); “sì” alla solidarietà, alla responsabilità sociale, alla giustizia (settimo comandamento); “si” alla verità (ottavo comandamento); “si” al rispetto dell’altro e di ciò che gli è proprio (nono e decimo comandamento). Questa è la filosofia della vita, è la cultura della vita, che diviene concreta e praticabile e bella nella comunione con Cristo, il Dio vivente, che cammina con noi nella compagnia dei suoi amici, nella grande famiglia della Chiesa”.
Il battesimo non resti un sacramento legato a causa del peccato e soprattutto per la mancanza di una fede viva. E’ il dono della nostra rinascita in Cristo, il dono che va pienamente accolto. Noi siamo ricchi dei doni di Dio e utilizziamoli per non vivere poveramente.
Entriamo con Cristo nel deserto per costruirci una personalità veramente cristiana, che sa vivere nella fedeltà affrontando il combattimento e resistendo senza rinnegare la parola data, senza tornare indietro, senza prendere altre vie. Occorre, inoltre, chiedere la grazia con la preghiera di avere la forza non solo di interrompere il filo dei ricordi e delle immaginazioni, cui ricorre il nemico per frenare il cammino di liberazione, ma anche di andare contro corrente, facendo diametralmente l’opposto di quello che insinua satana che vuole tenerci sempre condizionati in un atteggiamento di vita che non ci fa agire nella piena libertà di figli di Dio.
Teniamo presente che la cultura del sospetto e del dubbio, caratteristica del nostro tempo, coinvolge anche il campo della fede e della morale. Si ripresenta sempre la tentazione alla quale furono sottoposti i nostri progenitori dalla più astuta di tutte le bestie selvatiche. Dinanzi alla tentazione bisogna imitare Gesù e, senza dare adito a tentennamenti, rispondere con convinzione e determinazione con riferimento alla parola di Dio per compierne la volontà. La fedeltà e la perseveranza sono virtù evangeliche e indispensabili. Non ci nascondiamo che, la fedeltà richiede eroismo. Dobbiamo essere logici fino in fondo e non lasciarci adescare da proposte che, a prima vista, possono essere allettanti, ma che poi si rivelano illusorie, distruggono la vita.
Il tempo che stiamo vivendo è un tempo favorevole per la preghiera. Sarebbe bello e soprattutto proficuo riscoprirne la bellezza nell’ambito della famiglia, manifestando lode e gratitudine a Dio per tutto quello che ci dona con amore di Padre, elevando la preghiera che ci è stata consegnata nel giorno del battesimo e suscitando un dialogo di amore con i salmi e con la meditazione della parola di Dio.
Attingiamo la forza di essere testimoni e di proclamare anche ai fratelli la gioia della nostra fede annunciando il regno di Dio senza lasciarci condizionare da quello che spesso pensiamo se non apertamente ma nel nostro subconscio che “non ho diritto” di intervenire nella vita degli altri, mentre invece è necessario farsi carico del bene e della salvezza dei nostri fratelli. I santi ci danno l’esempio, hanno saputo sacrificarsi, pregare e offrirsi al Signore per il bene spirituale di coloro con i quali condividevano la vita.
Sono certo che i nostri sacerdoti si faranno carico di questa mia parola con la saggezza pastorale che attinge alla dottrina e all’esperienza. Li ringrazio di vero cuore mentre effondo su tutti la mia affettuosa pastorale benedizione.
+ Domenico Scotti
Vescovo
Trivento (CB), 1 marzo 2006