Il sacramento dell’amore, l’esortazione apostolica postsinodale indirizzata da Papa Benedetto XVI a tutta la Chiesa | Diocesi di Trivento

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Il sacramento dell’amore, l’esortazione apostolica postsinodale indirizzata da Papa Benedetto XVI a tutta la Chiesa

Il sacramento dell’amore, l’esortazione apostolica postsinodale indirizzata da Papa Benedetto XVI a tutta la Chiesa

Il sacramento dell’amore. Questo il titolo della recente Esortazione apostolica postsinodale indirizzata da Papa Benedetto XVI a tutta la Chiesa. Già nel titolo è detto tutto il contenuto di questo lungo documento (130 pagine, 96 paragrafi, sedici capitoli) che raccoglie e ripresenta – con l’autorità del Sommo Pontefice – i lavori del Sinodo dei Vescovi del 2005 (perciò è post sinodale). Ma, alle spalle c’è anche il Grande Giubileo del 2000, l’Anno dell’Eucaristia introdotto dal Congresso Eucaristico Internazionale (ottobre 2004 - ottobre 2005), la Lettera Mane nobiscum Domine (Signore, rimani con noi) di Giovanni Paolo II e, per noi italiani, il Congresso Eucaristico di Bari del 2005 (Senza la Domenica non possiamo vivere). Se l’Eucaristia è il sacramento dell’amore, allora la Chiesa nasce, vive e culmina in essa. Non può essere altrimenti, perché l’Eucaristia è Gesù stesso, il dono che Egli fa di se stesso, rivelandoci l’amore infinito di Dio per ogni uomo.
Divisa in tre parti, l’Esortazione raccoglie e presenta il meglio della dottrina cattolica secondo la classica scansione: l’Eucaristia è un mistero da credere, da celebrare e da vivere.
Nel credere c’è il rapporto dell’Eucaristia con il mistero di Dio Uno e Trino, con Gesù l’Agnello immolato, con lo Spirito Santo, con la Chiesa, con gli altri Sacramenti, col destino ultimo – escatologico – dei cristiani, con la Vergine Maria.
Il celebrare è di tutto il Corpo di Cristo, capo e membra, ma è anche un’arte. Di più: l’arte di celebrare rettamente è la migliore condizione per la partecipazione attiva dei fedeli. Sarebbe sufficiente questo a giustificare il documento del Papa. Basta pensare al rispetto dei libri liturgici e alla ricchezza dei segni, all’arte (architettura, pittura, scultura), al canto liturgico! La partecipazione ha a che fare con le condizioni personali, toccando anche aspetti particolari: non c’è vera partecipazione senza piena comunione (riguarda i cristiani non cattolici), il conforto a malati e anziani che può venire da esemplari celebrazioni trasmesse in televisione, la cura per particolari categorie di fedeli, come i malati, i disabili e i carcerati.
Tutto deve portare alla vita, perché l’Eucaristia è innanzitutto un mistero da vivere. Qui trova spazio il senso del precetto festivo, del riposo e del lavoro, ma anche quelle particolari accentuazioni relative alle diverse vocazioni ecclesiali: i laici, i sacerdoti, le persone consacrate.
Un tale dono – e questa è la parte finale del documento – non può essere trattenuto, deve essere annunciato, offerto e partecipato. L’eucaristia è anche la missione della Chiesa, è pane spezzato per la vita del mondo, comporta implicazioni sociali e morali, è cibo della verità e non sopporta l’indigenza dell’uomo, tocca infine il destino ultimo del cosmo e dell’uomo.
Raccogliendo il desiderio di molti padri sinodali (i Vescovi che hanno partecipato all’ultimo Sinodo), il Papa ora incarica i competenti uffici perché pubblichino un Compendio che “raccoglierà i testi del Catechismo della Chiesa Cattolica, orazioni, spiegazioni delle Preghiere Eucaristiche del Messale e quant’altro possa rivelarsi utile per la corretta comprensione, celebrazione e adorazione del Sacramento dell’altare”.
La lettura di queste pagine, fatta con calma e raccoglimento, fa bene all’anima. Ma poi cambia la vita. Si diceva che l’Eucaristia ha anche delle implicazioni sociali. Proprio in questo paragrafo, in una nota, si legge: “Non senza commozione durante l’Assemblea sinodale abbiamo ascoltato testimonianze assai significative sull’efficacia del sacramento nell’opera di pacificazione… Grazie alle celebrazioni eucaristiche, popoli in conflitto hanno potuto radunarsi attorno alla Parola di Dio, ascoltare il suo annuncio profetico della riconciliazione tramite il perdono gratuito, ricevere la grazia della conversione che permette la comunione allo stesso pane ed allo stesso calice”. E poco prima, sul rapporto fra il cibo della verità e l’indigenza dell’uomo, il linguaggio si fa, se possibile, ancora più accorato e commosso: “Non possiamo rimanere inattivi di fronte a certi processi di globalizzazione che non di rado fanno crescere a dismisura lo scarto tra ricchi e poveri a livello mondiale. Dobbiamo denunziare chi dilapida le ricchezze della terra, provocando disuguaglianze che gridano verso il cielo. Ad esempio, è impossibile tacere di fronte alle immagini sconvolgenti dei grandi campi di profughi o di rifugiati, in diverse parti del mondo, raccolti in condizioni di fortuna, per scampare a sorte peggiore, ma di tutto bisognosi. Non sono, questi esseri umani, nostri fratelli e sorelle?... Il cibo della verità ci spinge a denunciare le situazioni indegne dell’uomo, in cui si muore per mancanza di cibo a causa dell’ingiustizia e dello sfruttamento… Dall’inizio i cristiani si sono preoccupati di condividere i loro beni e di aiutare i poveri”.
Se c’è un gesto che ti fa capire l’Eucaristia è quello dello spezzare, del condividere. E se c’è una cosa che ti fa riconoscere i veri cristiani è proprio il loro rapporto con questo pane d’amore spezzato.
Tra le tappe che hanno portato a questo documento di Benedetto XVI, si diceva anche del Congresso Eucaristico di Bari del 2005. Il tema era dato dalla risposta di un cristiano al proconsole che stava per condannarlo a morte: sine Dominico non possumus (vivere). A parlare è il martire Emerito, a nome degli altri, steso sul cavalletto del supplizio: “Nella mia casa abbiamo celebrato la Pasqua domenicale. (Accoglievo gli altri cristiani) perché sono miei fratelli”. E alla domanda se avesse “qualche libro delle Scritture nella propria casa”, risponde: “Le ho, ma nel mio cuore”. Senza Eucaristia non possiamo vivere, dicevano i martiri di Abitene. Senza Eucaristia non possiamo nemmeno rispondere alle grandi domande poste alla comunità cristiana, non più dal proconsole, ma dal mondo stesso, un mondo che cambia.

Mons. Angelo Sceppacerca

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Ricordi del Congresso Eucaristico, fra i padiglioni della Fiera di Bari, nella Cappella dedicata all’Adorazione eucaristica.

Quel pane lì, al centro di tutto

E’ il luogo più bello, più accogliente, più luminoso, dove si sono tenuti gli incontri più importanti, quelli decisivi, più intimi.
Nei padiglioni della Fiera, grandi spazi eretti da colonne di cemento armato, come hangar d’aeroporto. Ma in questo luogo l’architettura si è addolcita con le vele azzurre e bianche al soffitto, il tappeto verde, le rocce vere, i fiori, le lampade vive, l’acqua che scorre, il profumo che si innalza dal braciere e lì, sul trono bianco di pietra, il pane, il centro, il cuore di tutto, l’Eucaristia.
Tutt’attorno, quelli che lo cercano e quelli che l’hanno trovato: giovani disoccupati, madri con la pena nel cuore, mariti divisi, preti raccolti, tante suore, in ginocchio, col velo della sposa dinanzi allo Sposo.
In due angoli, le confessioni. Lì non si entra, non si ascolta. Si intuisce qualcosa dai volti commossi che ne escono.
Negli altri due angoli, il crocifisso di s. Damiano. Quello che mandò Francesco a riparare la chiesa. E la Madonna di Loreto, regina dal volto bruno, colonna di fiducia.
Il flusso continua. C’è chi entra rumoroso e distratto poi, di colpo, tace e si raccoglie. Qui è diverso, è il centro. L’unica cosa che senti, i battiti. I tuoi. I loro. I Suoi. (A.S.)

Roma, 15 marzo 2007

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