Ricordo di don Duilio Lemme | Diocesi di Trivento

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Ricordo di don Duilio Lemme

Vogliamo ricordare con affetto e profonda gratitudine Don Duilio Lemme, a 130 anni dalla nascita e a 45 anni dalla morte.
Nacque nel 1877 a Castiglione Messer Marino (Chieti). Il padre, Domenico, era un falegname, onesto, laborioso e allegro. Da piccolo rimase orfano di madre. Ebbe due fratelli Amore e Pietro, ed una sorella Arcangela.
Imparò molto bene l’arte del padre. Si perfezionò nell’intaglio, da solo, d’istinto. Ben presto si fece notare per la sua abilità, che manifestò in lavori svolti per famiglie distinte a Castiglione Messer Marino, Schiavi d’Abruzzo ed altri paesi vicini.
Verso la fine del 1900 fu ospite, quasi per un anno dell’avv. Nicola Roberti di Montefalcone nel Sannio.
Qualche tempo dopo, nei primi anni del 1900, si trasferì a Roma, dove sperava di farsi un nome come intagliatore e restauratore. E riuscì a farsi conoscere da famiglie nobili che avevano bisogno della manutenzione dei mobili pregiati ed antichi.
Ebbe belle soddisfazioni. Riuscì ad ottenere quello che cercava. Aveva anche il gusto del vestire bene, con eleganza e seguendo la moda del tempo.
Tuttavia era rimasto un giovane sano e laborioso. Non fumava, non ricercava ritrovi, la sua vita era sobria e onesta. E proprio il suo modo di essere semplice e corretto, che gli attirava la simpatia di tante persone.
Secondo una voce diffusa si dice che avrebbe lavorato anche per la Casa Reale, prima che iniziasse la Prima Guerra Mondiale. Con l’inizio della Guerra, fu richiamato alle armi. Non andò al fronte. Fu addetto a lavori di manutenzione di Castel Sant’Angelo, dove, tra l’altro, fu impegnato nel restauro di vecchi cannoni di legno.
Finita la guerra, sentì nascere in sé la vocazione alla vita sacerdotale. Aveva circa 40 anni. Iniziò gli studi di filosofia e teologia. Fu molto aiutato da amici che avevano avuto modo di apprezzarlo. Tra gli altri Mons. Federico Tedeschini, di origini abruzzesi.
Nel 1922 fu ordinato sacerdote. Mons. Tedeschini, che poi divenne cardinale e Arciprete della Basilica vaticana, avrebbe voluto tenerlo con sé. Forse Don Duilio avrebbe avuto un avvenire luminoso davanti a sé. Ma Don Duilio preferì rientrare nella sua terra. Nel 1954, ci il solenne Congresso Mariano a Trivento. Fu presenziato dal Card. Tedeschini. Molto caloroso fu l’abbraccio con don Duilio.
All’indomani della sua ordinazione sacerdotale ritornò al suo paese. Poco dopo gli morì il padre.
Fu inviato prima come Parroco in una piccola Parrocchia dell’alto Sangro, Giuliopoli, frazione di Rosello. Poi nel 1929 divenne Parroco di Roccavivara, dove restò sino alla morte avvenuta il 10 Maggio 1962.
Don Duilio, qualche volta, si rattristava al pensiero di essere finito in uno sperduto paesello
Giuliopoli, prima e Roccavivara, dopo. Tuttavia ben presto allontanava da sé pensieri così tristi.
Aveva un’acuta intelligenza delle cose. Ma non fu un uomo pensiero. Né fu molto abile nel parlare. Qualche volta era commovente nelle sue prediche, ma non più di tanto.
Ma la sua predica fu la sua stessa vita. Questa fu una predica vivente.
Visse povero, volle vivere da povero. Fu povero per scelta, non tanto per necessità. La sua casa, benché fosse una canonica, fu come quella di un contadino, senza alcuna comodità. Si riduceva ad una cucina, che faceva anche da camera da letto. La sua tavola era sempre sobria. Un piatto di pasta, qualche volta la carne. Quasi mai il vino. Viveva con il denaro della congrua, allora molto modesta, e con le offerte dei fedeli, assi magre, anche queste.
Benché così povero, ebbe sempre modo di donare qualcosa. Chiunque entrava nella sua casa a chiedere qualcosa, non usciva mai a mani vuote. Aveva con sé la sorella, donna Arcangela, che aveva un cuore molto grande. Quasi sempre a casa di Don Duilio c’era qualcuno a mangiare, oltre lui e la sorella.
Curò moltissimo il Santuario di Canneto, che per lunghi anni fu oggetto della sua attenzione, del suo intenso lavoro di recupero. Subito si procurò i primi fondi con una colletta a Roccavivara e nei paesi vicini. Scrisse a tante autorità per un contributo finanziario. Fu aiutato tanto dalla gente di Roccavivara e di Montefalcone, nonostante i tempi duri. Nel 1935 riuscì a riaprire al culto la Badia di Canneto, dopo averla ripulita e restaurata nelle parti danneggiate. Al tempo stesso curò la piantagione di pini, cipressi, aceri, pioppi, tigli. In poco tempo fece di Canneto uno dei luoghi più suggestivi del Molise. Diresse personalmente i lavori, che facevano i muratori, gli scalpellini. Iniziarono anche i lavori di sterro. Tutto a mano, con piccone, pala e carriola. Così vennero alla luce numerosi avanzi archeologici di epoca romana, quando Canneto era sede di un presidio romano e di un’azienda agricola, che ancora oggi è possibile visitare ed apprezzare. Generosi contributi arrivarono soprattutto dagli emigranti di Roccavivara in America, che ogni tanto mandavano i dollari raccolti nelle loro collette.
Nel 1948, Don Duilio scriveva al vescovo di Trivento, comunicando di aver acquistato un pezzo di terra dove sperava di costruire una casa di spiritualità. Purtroppo negli anni novanta questo pezzo di terra è stato espropriato per la costruzione dell’ostello della Gioventù.
L’attività di don Duilio durò fino alla fine degli anni Cinquanta. Passò gli ultimi tempi della sua vita a letto. Però fu sempre aiutato e curato dalla gente e dai giovani di Roccavivara, che ancora oggi lo ricordano con affetto. Le sue spoglie, come era sua desiderio, risposano nel parco di Canneto, di fronte alla Chiesa, per la quale tanto ha speso della vita.Trivento (CB), 24 maggio 2007

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