Riflessioni a margine della XLV Settimana Sociale dei Cattolici Italiani | Diocesi di Trivento

Riflessioni

Riflessioni a margine della XLV Settimana Sociale dei Cattolici Italiani

Per celebrare i cento anni di Settimane Sociali, 1400 delegati provenienti dalle 226 diocesi italiane si sono ritrovati dal 18 al 21 ottobre a Pistoia e Pisa per riflettere su un tema di grande interesse non solo per la società italiana, ma più in generale diremmo per quella mondiale.
In questo meeting di quattro giorni i Cattolici italiani hanno affrontato il tema “Il bene comune oggi: un impegno che viene da lontano”.
È la volontà chiara della Chiesa italiana di negare a chiunque la possibilità di rinchiudere l’esperienza religiosa all’interno dei riti nella convinzione chiara che la fede va vissuta nella preghiera, ma anche e soprattutto nell’esperienza di vita e nel rapporto con gli altri.
Sei le sessioni di studio in un vero tour de force che i partecipanti hanno affrontato con la voglia di mettersi al servizio della società per tentare, in un momento di grave crisi della politica, di elaborare idee pragmatiche capaci di far crescere un concetto il più possibile chiaro di bene comune in Italia e più in generale nella società globalizzata.

Si sono affrontati davvero temi di grande respiro sociale: il bene comune nell’era della globalizzazione; stato, mercato e terzo settore; le prospettive della biopolitica; educare e formare; un futuro per il bene comune.
Molte le relazioni, le comunicazioni di eminenti docenti delle più prestigiose università italiane, ma anche gl’interventi di tantissimi delegati nei dibattiti.
Non tutta la stampa ha dato il giusto risalto a questo evento che, secondo noi, rappresenta indubbiamente un momento di riflessione profonda sui problemi comuni.

Ovviamente i Cattolici italiani intendono mettere i risultati del loro lavoro al servizio della società per migliorarne le strutture, il funzionamento e la qualità di vita.
Nel Molise sappiamo che l’informazione sulla quarantacinquesima Settimana Sociale di Pistoia e Pisa è arrivata solo di riflesso attraverso qualche quotidiano nazionale.
Noi, insieme al vescovo della diocesi di Trivento, mons. Domenico Scotti, e ad altri delegati, abbiamo partecipato a quell’assise e ci auguriamo che, anche grazie ad un nostro lavoro d’impegno locale, i contenuti di studio sviluppati a Pistoia e Pisa possano dare spazio ad una riflessione sul nostro territorio che veda impegnati ovviamente i Cattolici in primis, ma anche tutti quei laici che hanno a cuore la costruzione di una società fondata appunto sul bene comune.
Per ora ci limitiamo a riferire schematicamente sul lavoro di studio condotto nel corso della XLV Settimana Sociale rimandando chi vuole approfondire i temi al sito internet della Chiesa cattolica ed alle iniziative che sicuramente si avranno nelle diocesi del Molise e dell’Abruzzo.
Lo spessore di tutti gl’interventi a Pistoia e Pisa è stato grande.
In particolare consigliamo di scaricare da internet le relazioni tenute dall’economista Stefano Zamagni, dal sociologo Pierpaolo Donati, dal prof. Francesco D’Agostino, dal prof. Luigi Alici e da mons. Aldo Giordano.

La riflessione sul bene comune nella Settimana Sociale è partita anzitutto dalla necessità di rifondare un’antropologia su questioni fondamentali dell’esistenza come la definizione di vita e morte, di salute, di libertà, di persona, di famiglia, di educazione, di società e di rapporti relazionali.
Dopo aver affermato allora che il bene comune abita nei diritti fondamentali dell’uomo e che va ricercato nella realizzazione dei bisogni essenziali della persona che si deve amare con lo stesso amore gratuito che ci viene da Dio, i convegnisti si sono interrogati sul modo di ridare contenuto a parole che sembrano averlo perso come “valori”, “persona”, “vita”, “morte”, “senso della vita”, “fede”, “famiglia”, “Europa”.

Pur accettando talune strutture esistenti come forme di organizzazione dell’economia e della società, i Cattolici hanno affermato con chiarezza che il bene comune entra in collisione con qualunque pretesa egemonica del libero mercato o dello Stato, soprattutto quando il primo dimentica la vocazione sociale dell’economia, cercando di giungere alla massimizzazione del profitto, ed il secondo cerca di egemonizzare ogni decisione sulla persona nel momento in cui la politica diventa biopolitica e vuole pretendere di espropriare la società civile di decisioni fondamentali come ad esempio quelle sulla definizione della vita. A tale proposito, ad esempio, il professor D’Agostino ha sostenuto che “la nuda vita” è un’idea ed un valore prepolitico, giacché in tale concetto c’è una naturalità che sfugge alle caratterizzazioni politiche.
Nella determinazione dei progetti concreti per l’oggi e per il domani i Cattolici, pur nella diversificazione delle posizioni politiche e nelle scelte variegate di strutture fondanti l’economia e la società, si sono ritrovati pienamente in unità sulla necessità d’impegnarsi a definire le linee guida per la realizzazione del bene comune.

La prima affermazione molto chiara venuta da questo meeting è che ci sono valori non negoziabili come ad esempio quelli della vita e della famiglia per i quali bisogna produrre politiche di difesa e di sostegno.
Di fronte alla crisi della politica ed al buio nella capacità legislativa del parlamento qualcuno aveva avanzato l’idea di una riforma sostanziale della Costituzione anche in taluni principi fondamentali, ma nel corso dei lavori soprattutto SavinoPezzotta ha invitato a frenare su tale richiesta che è sembrata a molti piuttosto aleatoria perché poco argomentata.

L’economista Zamagni ha sottolineato con forza come per creare giustizia sociale è necessario andare dallo statalismo alla sussidiarietà e dall’impresa capitalistica ad una sola dimensione verso il pluralismo delle imprese sociali poste in essere da quello che erroneamente chiamiamo Terzo Settore, mentre è in realtà l’asse portante di un’economia solidaristica che può vincere le anomalie e le disparità create dal mercato soprattutto quando da consumatori noi in maniera intelligente diventiamo capaci di condizionare le logiche di profitto del capitalismo.
C’è stata poi la richiesta forte di rompere l’incomunicabilità tra politica, mercato e società civile con il passaggio dalla democrazia rappresentativa a quella deliberativa sulla scia di alcune esperienze già messe in atto nelle amministrazioni locali in Francia e Gran Bretagna, ma anche da noi in Italia con i tentativi dei cosiddetti “bilanci partecipativi”.

Alla Settimana Sociale si è cercato di fissare il concetto di bene comune negli aspetti che riguardano i bisogni fondamentali come la vita, la famiglia, il diritto all’istruzione ed all’educazione, l’eliminazione della precarietà nel lavoro, la ridefinizione del welfare su logiche di sussidiarietà fondate non sui bisogni degl’individui, ma su quelli di persone in relazione tra di loro in famiglia e nelle altre organizzazioni della società.
Certo in questo laboratorio lo sforzo di riflessione è stato grande, anche se i Cattolici hanno a nostro avviso la necessità di approfondire la loro analisi al fine di eliminare le ingiustizie esistenti oltre a costatarne l’esistenza.

Ed allora, al di là delle proposte già date, forse bisogna cercare di dare soluzioni specifiche a quesiti fondamentali.
Ci possono essere forme dell’economia diverse da quelle del capitalismo e del collettivismo?
Ci sono beni la cui garanzia di accesso per tutti viene solo dal loro restare pubblici o socializzati?
Dobbiamo semplicemente impedire la precarietà o impegnarci a realizzare la piena occupazione come uno dei diritti fondamentali capace di dare equità alla convivenza?

Il nostro sforzo di sobrietà nei consumi sicuramente può rafforzare la solidarietà, ma è sufficiente per eliminare la povertà e può quest’ultima essere una categoria accettabile dell’esistenza rispetto all’idea di condivisione dei beni della Terra così esplicita nel messaggio evangelico?
Certo l’idea del consumo critico nella logica del commercio equo e solidale può cancellare talune storture, ma quali forme di governabilità dobbiamo immaginare per quel mondo della finanza capace di determinare non solo i processi produttivi, le disparità e le discriminazioni, ma anche la ricerca scientifica assoggettandola al mercato?

Se è vera la notizia che la mafia è diventata la più grande azienda italiana, come possiamo difenderci dalle sue logiche perverse di distribuzione nel mercato ed impostare anche come Chiesa un serio progetto di educazione al consumo ed alla legalità?
La scelta della povertà, seguendo l’insegnamento e l’esempio di vita di Gesù di Nazaret, dev’essere un principio di vita o possiamo pensare di percorrere le vie dell’amore solo con il dono del superfluo?
C’è la possibilità di rifondare il processo educativo su uno studio serio e criticamente fondato delle discipline e di tornare a ridefinire con chiarezza ciò che è bene o male nell’agire individuale e sociale?

La risposta a queste domande può sicuramente approfondire la riflessione e portare i Cattolici a divenire protagonisti per affermare quell’amore per l’altro al quale Dio li chiama con la difesa della giustizia sociale, nella realizzazione dell’uguaglianza nei diritti contro una politica fondata sulla violenza, l’esclusione, l’egoismo, l’arricchimento personale o familiare e la menzogna.
È chiaro che per realizzare queste finalità c’è la necessità di un concorso sinergico di tutte le forze disponibili della società civile che credono fermamente nella difesa della dignità e dei diritti della persona umana.
Certo i livelli di costruzione del bene comune sono molteplici.

Noi siamo chiamati a realizzarli sul piano nazionale e mondiale, ma anzitutto a partire da quello amministrativo locale.
Qui possiamo lavorare concretamente per usare le risorse date distribuendole equamente tra i cittadini in maniera da dare a tutti ed a ciascuno un lavoro dignitoso e sicuro, efficienti strutture e servizi pubblici, un’adeguata formazione permanente, la difesa dell’ambiente come risorsa, uno sviluppo sostenibile del territorio, un sostegno costante alla famiglia ed un aiuto ai soggetti più deboli.

Quelli che abbiamo delineato sono gl’input che dal mondo cattolico, certo non arroccato su posizioni integraliste e disponibile a dialogare con tutti, giungono per un impegno generalizzato alla costruzione del bene comune nella società globalizzata di cui troppo spesso siamo disponibili ad accettare logiche discriminatorie, divari territoriali e perfino l’avvilimento della dignità umana.

Certo rispetto all’individualismo ed al corporativismo che sembrano imperare dappertutto si rimane confusi quando si tenta di riflettere intorno al bene comune; ciononostante è davvero bello ed interessante che qualcuno provi a farlo per dare speranza alle future generazioni.di Umberto BerardoTrivento (CB), 29 novembre 2007

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