Riflessioni
Uno dei bravi “veci” cristiani, all'inizio di questo terzo millennio, di chi fa le “veci”?
Leggendo le Opere Postume di Pietro Giannone (Italia, MDCCCXXII) ho trovato questo brano curioso: “Questo vice cancelliere, comechè preceda al vice presidente del consiglio aulico imperiale, è preceduto dal presidente; poiché questo viene immediatamente creato dall’Imperador, e sostiene la sue veci, ed il vice cancelliere dall’elettore di Magonza rappresentando la costui persona”, (pag. 189).Questione di semplice protocollo o di scioglilingua ante litteram, con il rimbalzo tra “vice” e “veci”. Se poi ci aggiungiamo l’espressione dialettale che si riferisce ai nostri “veci” gloriosi, i reduci della prima guerra mondiale, la frittata linguistica è bella che fatta.
Ma proprio partendo da questo e prendendo le singole lettere V, E, C, I e facendole diventare iniziali di acronimo, ci si ritrova benissimo a delineare i compiti e i doveri di ogni cristiano fedele, praticante e soprattutto impegnato.
Questi sono: Vedere, Esortare, Consolare e Incoraggiare.
Spesso, purtroppo, mi ritrovo, come seguace di Cristo, a contemplare le stelle, a costruire castelli in aria senza rendermi conto delle situazioni concrete delle persone che ho di fronte e che da me si aspettano ben altro che i soliti discorsi disincarnati o le proposte di cammini impossibili da praticare. Se avessi un po’ di più i piedi per terra potrei accorgermi di chi e on chi ho a che fare, dovrei capire meglio con chi vivo e quante belle risorse effettive ci sono intorno a me e che tocca proprio a me rivalutare.
Il discorso della santa esortazione ha sempre fatto parte del bagaglio del buon educatore. Non so perché a noi sacerdoti resta più facile invece rivestire i panni dell’inquisitore, del savonarola e del giudice in perenne assetto di guerra, più che quelli dell’avvocato difensore, del padre misericordioso, del bravo educatore, e agire un po’ come usa fare un allenatore serio che dedica molto tempo con i suoi atleti soprattutto per potenziare gradualmente tutte le loro qualità individuali e solo poche e rare volte si sofferma a rimproverarne e punirne gli errori.
Il ministero della fraterna consolazione è grande ed è ancora utile, praticabile e spiritualmente remunerativo, purché lo si eserciti con spirito di vera partecipazione e di serena abnegazione: evitando gli scogli dello sdolcinato, epidermico coinvolgimento emotivo e le secche del semplice formalismo. Confortare significa infatti soprattutto rafforzare l’animo di chi soffre ed è in pena e ciò può essere fatto bene da chi è forte nella fede ed è ben temprato nel dominare le proprie passioni sentimentali.
Per un proficuo cammino di fede, poi, oggi ci vuole veramente tanto coraggio da vendere, da prestare: molti si fermano alle prime difficoltà, avviliti dalle innate debolezze e scoraggiati dai traguardi troppo ardui ed ambiziosi. Il cristiano è perciò chiamato a ridare animo agli spiriti affranti, con salutari iniezioni di entusiasmo e con rivitalizzanti flebo di speranza.
Ecco perché ognuno di noi, facendo le “veci” del divino maestro, oggi non è “vice” a nessuno dei moderni falsi profeti, né deve cedergli mai il passo!
Don Mimì Fazioli
di don Mimì FazioliTrivento (CB), 16 giugno 2008