Papa Paolo VI: un grande papa tutto da riscoprire nel trentesimo anniversario della sua morte. | Diocesi di Trivento

Riflessioni

Papa Paolo VI: un grande papa tutto da riscoprire nel trentesimo anniversario della sua morte.

Papa Paolo VI: un grande papa tutto da riscoprire nel trentesimo anniversario della sua morte.Paolo VI morì a Castelgandolfo, per un malore improvviso, domenica 6 agosto 1978, festa della Trasfigurazione. Quest'anno ricorre il trentesimo anniversario.

Molti lo ricordano quando, avendo riproposto con forza la presenza del diavolo, veniva pubblicamente deriso e tacciato di ritorno al Medioevo. Altri gli attribuivano carenza di polso e tanta indecisione, ma sono semplici calunnie, riduttive e corrosive di un vero grande papa.

Leggiamo invece due perle con le quali Papa Benedetto XVI, domenica 3 agosto, prima della preghiera dell’Angelus, dalla piazza centrale di Bressanone ha cesellato il suo pontificato e ne ha fatto l’elogio, rendendo un tributo alla memoria e ai meriti di papa Montini e alla sua visione del Concilio, quando ha detto precisamente che “appare sempre più grande, quasi sovrumano, il merito di Paolo VI nel presiedere il concilio Vaticano II, nel condurlo felicemente a termine e nel governare la movimentata fase del post-Concilio”. Benedetto XVI ha aggiunto anche: «Il Vangelo ci ricorda che le cose più grandi della vita non possono essere acquistate, o pagate, ma le cose più elementari e importanti della vita possono solo esserci regalate: la vita, il sole, l’aria, l’acqua, le bellezze naturali, l’amore, l’amicizia, la vita stessa, tutte queste cose non possono essere comprate ma solo essere ricevute in regalo. Ciò significa che si tratta di qualcosa che nessuno ci può togliere, nessuna dittatura, nessun potere distruttore, perché l’amore di Dio che ci ha incontrato in Cristo non ce lo può togliere nessuno, siamo ricchi e non siamo poveri».

E il papa Montini non è stato un grande regalo, emblematico, per la società e per la Chiesa?

Giovanni Battista Montini, il gracile pretino di Brescia, quando divenne papa, aveva 66 anni, prese il nome di Paolo VI, in omaggio al grande apostolo delle genti. Gli fu riservato un compito pesantissimo per chiunque dopo il rivoluzionario pontificato di papa Giovanni, che aveva scosso dalle fondamenta la Chiesa: continuare il Concilio e portarlo a termine. Ma il suo compito veramente più immane fu quello di promulgare e attuare i decreti rivoluzionari per la Chiesa, che ne scaturirono. Scrisse poi alcune encicliche che sono basilari per la moderna dottrina della Chiesa: “Ecclesiam suam”, “Misterium fidei”, “Populorum progressio”, ”Humanae vitae”; quest’ultima, specifica sul controllo delle nascite e sulla ‘paternità responsabile’, suscitò tante polemiche, dentro e fuori la Chiesa, e costrinse, per la prima volta, un papa a difendersi pubblicamente.

Fu il primo papa ad uscire dall’Italia e ad usare l’aereo; come prima tappa dei suoi futuri viaggi apostolici si recò in Palestina il 4 gennaio 1964, suscitando un delirio di entusiasmo nelle strette vie di Gerusalemme, rischiando di rimanere soffocato dalla folla. Incontrò il patriarca ortodosso Atenagora, dopo 14 secoli un papa e un patriarca si incontravano dopo lo scisma d’oriente; nel 1967 andò ad Istanbul andando così incontro umilmente alla Chiesa d’Oriente.

Egli ebbe il coraggio di abolire la tiara pontificia, gli stemmi, i baldacchini, i flabelli bizantini delle fastose cerimonie pontificie, la sedia gestatoria, le guardie nobili, i cortei di armigeri, la Guardia Palatina, il trono stesso fu sostituito da una semplice poltrona. Con suo decreto stabilì che i cardinali dopo gli 80 anni non potevano entrare in conclave; fece costruire dall'architetto Nervi a grandiosa aula delle udienze, che oggi porta il suo nome. Operò la modernizzazione degli uffici e delle strutture del Vaticano, cambiò il modo di vestire, l’uso della lingua inglese al posto della latina; vennero introdotti computers e telescriventi collegati con tutto il mondo. Riformò i dicasteri ele cariche della Curia, ridimensionò il Sant’Uffizio; invece dei soliti prelati romani, chiamò da tutto il mondo persone nuove, internazionalizzando il Vaticano. Furono assunte le prime segretarie donne.

Ancora combatté contro il divorzio che veniva introdotto in Italia e ben più lacerante fu la sua lotta contro l’aborto. Ambedue le sfide furono perse con suo grande dolore. Negli ultimi anni, oltre la decadenza fisica, con l’aggiunta dell’artrosi che l’affliggeva e dei postumi diuna operazione chirurgica alla prostata, fu profondamente amareggiato dalla ribellione del vescovo tradizionalista francese Marcel Léfèbvre e poi dal dolore della morte del suo antico amico personale Aldo Moro, ucciso dalle famigerate Brigate Rosse nel maggio 1978, nonostante il suo toccante appello a rilasciarlo vivo.

Mons. Macchi, suo segretario personale così lo descriveva: ''Era un uomo che viveva nella calma, nell'equilibrio interiore, non e' mai stato angosciato. Gli si accreditavano attitudini dell'ansia, del tormento interiore, ma e' sempre stato nella pace, nella serenità... Io posso testimoniare che nei momenti in cui in Vaticano tutti erano ''agitati'', dal segretario di Stato al Sostituto, era sempre lui che riportava la serenita' e la pace, l'equilibrio, anche in vista delle decisioni da prendere. Aveva una grande umanità”

L'ex presidente del Consiglio Giulio Andreotti ha detto di lui: ''Certamente è una figura che non può avere assolutamente un tramonto”.

Monsignor Franco Giulio Brambilla ha detto di lui: «Montini ha avuto passione per l’uomo contemporaneo, soprattutto della sua libertà. È stato il primo Papa moderno nel senso letterale per la capacità di ascolto, la voglia di rilanciare la Chiesa e nel decennio drammatico, dal 1968 al 1978, Montini spesso ha retto la barca da solo. Un nocchiero che si è lasciato cucire ingiustamente il vestito di Paolo Mesto, come certa storiografia l’ha ritratto. Non aveva il carattere del predecessore, ma era non meno profondo. Un Papa traghettatore dell’uomo e della coscienza moderna verso la bellezza della verità del Vangelo, che attrae, persuade e non impone».

L'11 agosto 1978, dalla sua stessa famiglia d’origine, venne pubblicato il bellissimo testamento, nel quale, tra l’altro, Paolo VI ci fa conoscere come si stesse preparando alla morte: ''Ora che la giornata tramonta, e tutto finisce e si scioglie di questa stupenda e drammatica scena temporale e terrena, come ancora ringraziare te, o Signore, dopo quello della vita naturale, del dono, anche superiore, della fede e della grazia, in cui alla fine unicamente si rifugia il mio essere superstite? Chiudo gli occhi su questa terra dolorosa, drammatica e magnifica, chiamando ancora una volta su di essa la divina Bontà”.

Personalmente ritengo che sia troppo presto per esprimere un giudizio sereno e definitivo su questo grande papa. Il momento più bello, più alto ed esaltante del suo pontificato sembra essere stato proprio il 1967, l’anno della “Populorum progressio”, l’enciclica che rivela tutto il suo anelito per la realizzazione di una vera giustizia mondiale, quella stessa che gli aveva fatto lanciare nell’aula dell’ONU, nel 1965, quell’indimenticabile e purtroppo inascoltato grido: “Jamais plus la guerre, jamais plus la guerre” con quel suo inconfondibile tono di voce, forte e vibrante. Di certo io rifiuto il riduttivo appellativo di “mesto Amleto d’Oltretevere” che alcuni giornalisti gli hanno affibbiato, con estrema superficialità e senza alcuna analisi della concreta situazione storica che la Chiesa e la società stavano vivendo. Se mai papa Montini può essere sembrato a qualcuno un “pontefice fragile” è solo perché non si vuol spassionatamente tenere conto della grande bufera che imperversava in tutti gli strati della vita della Chiesa, della società e dei legami internazionali. Ma, proprio in considerazione di tutto il quadro generale, completo ed esaustivo del tempo in cui questo papa è vissuto, mi permetto di affermare che egli è stato un “nocchiero fortissimo” che ha difeso strenuamente i costumi, la dottrina e l’istituzione della Chiesa durante il terribile ciclone del ’68 ed anche dagli strascichi eversivi che ne conseguirono.

In conclusione, ecco una sua frase bellissima che ne rivela l’animo di poeta e di mistico e che ci può guidare in questi giorni di vacanza e di riflessione: “Io vivo in mezzo ad una immensa, splendida epifania di cose che esistono: le cose del cielo, le cose della terra, le cose del mio mondo. In un tentativo di sintesi di coscienza della realtà non posso rifiutarmi all’incantesimo dell’universo”.

Don Mim� Fazioli

di don Mimì FazioliTrivento (CB), 6 agosto 2008

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