I bambini di Gaza, piccoli angeli innocenti volati in cielo, tra le braccia Dio | Diocesi di Trivento

Riflessioni

I bambini di Gaza, piccoli angeli innocenti volati in cielo, tra le braccia Dio

I bambini di Gaza, piccoli angeli innocenti volati in cielo, tra le braccia DioSono passati trenta giorni dal bombardamento su Gaza e tutto sta scivolando nel silenzio della dimenticanza.

Gaspare Serra ha scritto: “Tra macerie di vita / resa men che niente, / gracili fili d’erba /
-più sottili di ogni speranza- / invadono rovine / di una Gaza fatta fango … / Quel che resta oggi
-di ieri- / è soltanto un aquilone / solitario su nel cielo amianto, / per sempre scippato / al sogno infranto di un bambino …”

Ho anche letto recentemente: “Le persone sono doni che Dio creatore ci manda... imballate. Alcuni hanno un imballaggio bellissimo, altri sono imballati in carta ordinarissima, certe persone sono imballate in maniera molto sciolta, altre in maniera molto stretta, a volte il dono è stato maltrattato nella posta, una volta ogni tanto c'è una consegna speciale!” (Francesco Piras s.j.) Ci sarebbe però da aggiungere che noi esseri umani siamo fragili e vulnerabili, un po’ tutti dovremmo portare un'etichetta con scritto: "Trattare con cura, maneggiare con cautela, merce delicata". Ecco perché si gioisce se c’è una buona notizia come questa: i bambini di Gaza arrivati in Toscana e, atterrati nella notte a Pisa, accompagnati dalle loro mamme e dal presidente della Regione Martini, saranno curati negli ospedali della regione.

Ma cosa dire degli altri bambini, dei bambini feriti da una guerra assurda e disumana, scippati dell'infanzia, bambini che restano e sono senza più sorriso sulle labbra, bambini consegnati alla morte… e solo a pensarci ti ritrovi con un rivolo di lacrime a bagnarti il viso.

L’altro giorno hanno riaperto una scuola: il servizio televisivo mostrava i bambini impauriti che cercavano tra le macerie dei muri squarciati e gli scaffali impolverati dei ricordi, e forse hanno ritrovato solo la notte scura dello strazio e del dolore che ha calpestato, prepotentemente, e, in modo improvviso, ha distrutto tutti i raggi di sole, che ha cancellato la luce dei loro sogni ed ha spento i colori della loro fantasia.

Ritornano alla mente, profetiche e inascoltate, le parole di papa Benedetto: «in questo nostro mondo con le sue potenzialità e le sue debolezze, i suoi progressi e le sue crisi, con le sue speranze e le sue angosce, oggi rifulge la luce di Gesù Cristo… La crisi del nostro tempo è, in larga misura, provocata dall’egoismo. E non se ne esce innescando altri dinamismi egoistici.» (Benedetto XVI, Messaggio di Natale, 2008).

Come il freddo ci congela in questa stagione, così il rimorso azzanna il cuore. Lo puoi vedere a colori vivi sullo schermo, con le immagini tragiche e i netti contorni dei reportage televisivi. È se il disappunto è nero e ringhia di rabbia, non possiamo restarcene con il nostro cuore diventato di gomma, ormai assuefatto ad ogni tragedia, opaco e refrattario ad ogni specie di dolore e sofferenza altrui.

Incombe il pericolo di una anestesia totale: indecisi come siamo tra il sentire troppo, che diventa una tortura, e il “è meglio non pensarci”. C’è, però, una terza via, il lavorare insieme per il trionfo della persuasione attiva e di un intervento internazionale di contenimento.

A che cosa sono servite le tante lacrime di gioia per la liberazione in Colombia della Betancourt, se poi centinaia di bambini sono stati votati alla morte, a meno che non siamo abituati a lacrime furtive o di circostanza? Nessuno deve restare impotente a guardare e a subire la loro morte ingiusta. Sono morti troppi bambini, martiri delle mani di uomini, delle crudeli “bombe intelligenti” e senza cuore, che li hanno strappato alle indifese famiglie, ancor prima che potessero sbocciare e sorridere pienamente alla vita.

Le fredde notti delle feste natalizie, in Italia e in tutto il mondo, sono state illuminate dai fuochi d’artificio, mentre a Gaza ogni notte balenavano solo lampi luminosi al fosforo bianco, foriero di morti immediate e presago di malattie inesorabili, che verranno a scoppio ritardato.

Ora basta.

Sia i missili Qassam, armati di colpevole provocazione, che le bombe intelligenti, cariche di cieca vendetta, hanno fatto già troppe vittime innocenti, è ora di accendere la fiamma della pace, una pace durevole e definitiva.

Che esploda finalmente la pace e si arresti il lento sbriciolarsi della speranza, il quale, proprio perché lento lento, fa più male! Sarebbe proprio questa per noi la fine, una fine a piccole dosi, frutto del nostro rimanere fermi lì, rigidi, impassibili, a subire e a guardare.

Quale, altrimenti, il senso della nostra presenza cristiana?

Don Mimì Fazioli

di don Mimì FazioliTrivento (CB), 26 gennaio 2009

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