Pensiero d'autunno | Diocesi di Trivento

Riflessioni

Pensiero d'autunno

Pensiero d'autunnoPensiero d'autunno: si può continuare e insistere nello spargere i semi della speranza per partecipare al trionfo di fiori sbocciati e dei frutti maturi, e sconvincere così l’agonia delle foglie cadenti!

La tradizione orientale con Fu-Che-Yen, in un misto di filosofia poetica e di poesia misticheggiante, ci offre una perla di grande valore e di rara suggestione, allorquando parla dell’autunno e ci fa riflettere che “ogni foglia morta che cade dall’albero ci lascia scorgere un po’ più di cielo”.

In verità c’è anche una scrittrice occidentale, Linda A. Harbour, la quale, quando ci avverte che in autunno abbiamo “un cielo d’estate con occhi d’inverno”, ci vuole mettere in guardia e predisporci a difendrci dal freddo, dal torpore e dal rallentamento del ciclo naturale della vita vegeto-animale.

Questo mi va tutto bene, ma non posso a questo punto nemmeno tacere della nostra grande, raffinata e indimenticabile Ada Negri che, proprio sull’autunno, ha scritto una pagina sublime nella sua profonda sensibiliità, rivelatrice di una grande fede:
Fammi uguale, Signore, a quelle foglie moribonde che vedo oggi nel sole tremar dell'olmo sul più alto ramo. Tremano sì, ma non di pena: è tanto limpido il sole, e dolce il distaccarsi dal ramo, per congiungersi sulla terra. S'accendono alla luce ultima, cuori pronti all'offerta; e l'angoscia, per esse, ha la clemenza d'una mite aurora.

Fa' ch'io mi stacchi dal più alto ramo di mia vita, così, senza lamento, penetrata di Te come del sole. Fammi uguale, Signore, a quelle foglie moribonde che vedo oggi nel sole, tremar nell’olmo sul piu alto ramo. Tremano si, ma non di pena e tanto limpido il sole, e dolce distaccarsi dal ramo per congiungersi alla terra, si accendono con la luce ultima cuori pronti all’offerta e l’agonia per esse ha la clemenza di una mite aurora.

Fa’ che io mi stacchi dal piu alto ramo della mia vita cosi, senza lamento penetrata di Te come dal sole”

Fin qui la dolce poesia di un periodo scolastico indimenticabile.

Io però, più che arrovellarmi nel chiedermi “perché mai le foglie cadono in autunno?”, e intristirmi pensando alla vita che lentamente si spegne, preferisco far riferimento ora e ripartire sempre dalle gemme che spuntano in primavera per sapermi godere tutte le stagioni della vita, quelle stesse che mi sono ancora consentite e donate dal Signore, e ringraziarlo di cuore, perchè durante il volgere di esse ho provato tutta la dolcezza delle carezze del vento o il calore infuocato del sole, nella speranza che, quando sarà il momento, la caduta sia sul soffice.

E proprio dalla fede ricevo la certezza di non essere né precario nell’esistenza, né insicuro nel destino e anche se spesso corro il rischio di essere calpestato, la mia vita risorgerà più gloriosa e festosa. Intendo trascorrere questi giorni nella tranquilla quiete delle mie concrete e quotidiane responsabilità, senza essere né irrigidito dal freddo delle paure, né tantomeno accarezzato dai raggi del successo, né soffocato dai problemi del vivere quotidiano e nemmeno troppo entusiasta e geloso del mio operare.

Voglio, in altre parole, evitare di sentirmi bloccato nelle mie false illusione o indeciso riguardo al senso e al valore della ricerca del bene e del male: le più forti emozioni voglio convertirle in semi di speranza sparsi nei solchi della vita impastata di gioia e di passioni, di dolore e di doveri, di amore e di fede.

Mi piace, perciò, terminare con un brano di Kahlil Gibran: “In autunno raccolsi tutti i miei dolori e li seppellii in giardino. E quando tornò aprile e la primavera si unì in matrimo­nio alla terra, nel mio giardino crebbero allora dei magni­fici fiori diversi da tutti gli altri. E giunsero i miei vicini a vederli, e tutti mi dissero: ‑ Quando tornerà l'autunno, al momento della semina, vorremmo che tu ci dessi i semi di questi fiori per pian­tarli nei nostri giardini”.

Don Mimì Fazioli

di don Mimì FazioliTrivento (CB), 5 ottobre 2009

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