NewsIntervista di Roberto Beretta a Giuliano FerraraDirettore, quella di Giovanni Paolo II era indubbiamente una successione «pesante», difficile. Come ha retto l'impresa Benedetto XVI, a suo parere, in questi 5 anni?«Benissimo e malissimo. Benissimo perché � essendo un teologo attento da sempre alle questioni del magistero, essendo un grandissimo intellettuale ricco di sapienza cristiana interna e nello stesso tempo autonoma rispetto al mondo moderno � fa il suo mestiere nel modo più alto. Bella la sua catechesi, eccellente l'omiletica, straordinaria la sua attenzione al versante liturgico... Insomma, Benedetto XVI cura il significato che la Chiesa esprime come meglio non si potrebbe»...Qualcuno rimpiange la straordinaria «mediaticità» di Wojtyla, sostiene che Ratzinger sia un po' «freddo», nordico, intellettuale, persino poco simpatico...«Ma il fatto che Benedetto XVI non voglia seguire la drammatizzazione del ruolo cosìconnaturata al suo predecessore è normale, corretto, è una scelta ricca di saggezza! Ratzinger è stato eletto al soglio pontificio a un'età molto diversa da Wojtyla, è giusto dunque che non conti sui gesti di folla e su una forma di agitazione profetica della fede. Tuttavia la continuità sostanziale tra i due è forte: per dirla in termini un po' commerciali, non mi pare che nel cambio abbiamo perso né guadagnato molto... In Ratzinger c'è maggior consapevolezza di ordine e di rigore, non di impulso; il predecessore invece era più filosofo e pastore e dunque la sua spinta ideale era in grado di trascinare e talvolta travolgere la Curia stessa. L'uno e l'altro tuttavia presentano una Chiesa che non si può aggirare».Quali sono secondo lei gli atti più indovinati del pontificato di Benedetto XVI, finora? E quali le maggiori difficoltà che deve superare?«Anzitutto tengo a ribadire come questo sia un Papa che adoro e che ritengo una personalità donata al tempo moderno dalla fatica culturale teologica della scuola tedesca; una personalità assolutamente unica, che manifesta una capacità di tenersi al punto della sua missione e una misura straordinarie. Ratzinger è uomo d'ordine, con una cadenza precisa e una routine di notevole importanza. I suoi sinodi non sono gesti straordinari, certo, ma restano appuntamenti di riorganizzazione di grandissimo livello e guidati da una mano sapiente. Così i suoi interventi, che vanno a contraddire certe forme di quietismo e di adesione passiva allo spirito dei tempi, contro chi voleva dare in pasto alla Chiesa soltanto pauperismo e solidarietà e mostrando una visione della carità che implica invece una dimensione politica (vedi ad esempio la sua prima enciclica). Ma tutto questo ha un costo e � ripeto � convive con un affievolimento della capacità di guidare la Chiesa e con la caratteristica di non mostrare un chiaro progetto; ciò naturalmente lascia che le singole parti della Chiesa si muovano in modo scoordinato e rende difficile intuire una guida. Sono le due facce di Ratzinger: la mitezza e l'acciaio».Da qualche tempo sembra inoltre che Papa Ratzinger debba affrontare un'ondata crescente di scandali all'interno della Chiesa. è un caso, secondo lei?«La questione degli abusi sessuali da parte dei preti mi vede molto scettico; non parlo di complotto, ma esiste comunque una chiara volontà punitiva contro un ente che è stato molto chiaro nel sanzionare certe derive della liberazione sessuale, intesa secondo i movimenti degli anni Sessanta. E poi non è vero che questi scandali riguardino solo la Chiesa e il clero; solo che non esiste più alcuna forma di controllo spirituale sull'amore e sull'eros, quella funzione di carità che in passato ha protetto anche le scelte celibatarie degli ecclesiastici».Se potesse «insegnare al Papa a fare il Papa», che cosa gli consiglierebbe? Che cosa le piacerebbe che facesse?«Mi piacerebbe che portasse 5 milioni di pellegrini a Roma sul tema della manipolazione dell'uomo. Che bandisse una grande crociata asiatica contro la politica del figlio unico in Cina e contro la strage delle bambine in India. Mi piacerebbe che investisse l'Onu e i governi mondiali per un'attualizzazione della Dichiarazione dei diritti umani del 1948 al fine di chiarire � in seguito alle nuove conoscenze acquisite dalla scienza � che cos'è la vita, dove stanno i suoi confini e che cosa significa rispettarla».Ma non c'è già troppa attenzione sui temi della bioetica, nella Chiesa?«Assolutamente no, la Chiesa da questo punto di vista è troppo cauta. Dovrebbe fare di più».Il Timone20 aprile 2010Condividi pagina