Celebrare o costruire continuamente l’unità del Paese? | Diocesi di Trivento

Riflessioni

Celebrare o costruire continuamente l’unità del Paese?

Celebrare o costruire continuamente l’unità del Paese?Sono iniziate da qualche giorno presso lo scoglio di Quarto le celebrazioni per il 150° dell’Unità d’Italia.

Ora, se celebrare significa festeggiare con cerimonie solenni un avvenimento come quello al quale ci riferiamo, dobbiamo constatare, come abbiamo già scritto anche se solo per accenni, che una parte degl’Italiani, nella fattispecie i Leghisti, sta cercando di sfilarsi dalle manifestazioni previste.

Questa presa di posizione, forse neppure appartenente alla sola Lega Nord, espressa in modo giocoso per non irritare eccessivamente, ma sostenuta con decisione, ci dice chiaramente che dopo un secolo e mezzo siamo riusciti a mettere in piedi uno Stato come insieme di cittadini che hanno a fondamento le stesse leggi, ma non abbiamo ancora un popolo che si sente unito dai valori comuni scritti a chiare lettere nella Costituzione italiana.

Prima dello Stato unitario del 1861 sicuramente gli abitanti della penisola italiana sul piano culturale, linguistico e religioso avevano già raggiunto quell’unità che poi sintetizziamo nel concetto di nazione e tuttavia anche a tale riguardo diverse popolazioni locali se ne sono sentite estranee.

Questa diversità non solo è stata affermata teoricamente, ma ha portato altresì a tentativi di secessione anche con atti di terrorismo che poi, grazie alle forme di autonomia, sono venuti meno.
Tra l’altro anche sul piano storico e politico non sono mancate, sia nel corso della formazione del nuovo Stato italiano che successivamente, forme di critica dura sia sul modo in cui si è arrivati all’unificazione dei diversi Stati della penisola che sul sistema di costruzione amministrativa, politica ed economica della nuova realtà statuale.

Dire se il Risorgimento è stata un’idea ed un’azione di elite o un’esigenza condivisa di massa è impresa ardua.
Sarebbe lungo qui affrontare tali questioni che richiedono un’analisi storica complessa e di ampio respiro.

Oggi lo Stato unitario è in ogni caso una realtà importante da difendere, far crescere ed orientare verso orizzonti più ampi.
Ci sembra, invece, di dover sottolineare come il concetto di unità il più delle volte rimane generico e legato a forme di appartenenza che non fanno riferimento né all’identità né tanto meno a quello di fratellanza all’interno e fuori dai propri confini.

In altre parole essere Italiani non può significare solo sentire con emozione il proprio inno nazionale in occasione di eventi sportivi, civili o culturali, ma ritrovarsi uniti nell’impegno per realizzare sostanzialmente per tutti i valori di libertà, di uguaglianza e democrazia affermati nella nostra carta costituzionale.

Se prendiamo atto che tale unità del Paese non c’è del tutto perché minacciata dall’antistato delle diverse mafie, dall’immoralità degli evasori fiscali e degli speculatori finanziari, dai nuovi subdoli tentativi politici di divisione delle diverse aree del territorio nazionale, allora più che organizzare cerimonie e parate che pure possono avere una loro funzione, se organizzate con sobrietà e senza sprechi, abbiamo il dovere di cogliere l’occasione del 150° dell’Unità d’Italia magari per indire convegni e promuovere studi in grado di superare le difficoltà che soprattutto talune parti della penisola vivono.
L’Unità dell’Italia, al di là degli errori politici ed istituzionali che pure ci sono stati, è sicuramente un evento che tanti benefici ha prodotto per le popolazioni coinvolte.

Celebrare allora questa costruzione di un nuovo Stato avvenuta un secolo e mezzo fa vuol dire senz’altro rendere omaggio a quanti si sono impegnati in tale idea, superare gli effetti degli sbagli politici ed economici commessi da tanti e rendere finalmente reale ed omogenea ovunque l’intesa sociale e la condivisione d’intenti verso il bene dell’intero Paese il quale ovviamente non può chiudersi in localismi fuori dal tempo e dalla storia, ma deve aprirsi a forme di accoglienza e di condivisione.
Se le ventilate riforme, annunciate da tutti i megafoni e mai fin qui seriamente definite, vanno in tale direzione, ben vengano; se invece sono funzionali ad interessi territoriali o di parte, vadano alla malora, perché rischiano di portare l’Italia indietro di molti anni e di farla precipitare negli egoismi e nel regime.

Anche l’adesione ad organizzazioni internazionali di livello europeo o mondiale deve fondarsi su basi di partecipazione democratica dell’intera popolazione e non su gestioni elitarie della cultura, della politica e dell’economia che fin qui hanno creato solo plutocrazie di lobbies finanziarie.

Sul tema delle celebrazioni per il 150° dell’Unità d’Italia, per concludere, il Molise come intende muoversi?

Cosa faranno le istituzioni politiche, amministrative ed educative locali e come si orienteranno le agenzie culturali presenti nella regione?di Umberto BerardoTrivento (CB), 21 maggio 2010

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