Esenzioni Ici, tormentone europeo. L’indagine dell’Ue sull’ipotesi di aiuti di Stato e le bugie della stampa | Diocesi di Trivento

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Esenzioni Ici, tormentone europeo. L’indagine dell’Ue sull’ipotesi di aiuti di Stato e le bugie della stampa

Don Vladimiro Porfirio direttore dell’Istituto Sostentamento del Clero diocesano segnala il seguente articolo da Avvenire di martedì 26 ottobre che può interessare tutti quegli enti non commerciali negli edifici in cui si svolgono attività di interesse sociale

di PATRIZIA CLEMENTI
Perfino i lettori meno attenti si saranno accorti che il tema dell’esenzione dall’ICI di cui godono (anche) gli immobili degli enti ecclesiastici ha di nuovo conquistato gli onori della cronaca. Il motivo di que­sto rinnovato e, in molti casi, non benevolo interesse va ri­cercato nella decisione – per la verità inaspettata e, al mo­mento, non del tutto compren­sibile – della Commissione eu­ropea di avviare un’indagine per appurare se, sulla base del­la normativa UE, l’esenzione costituisca o meno un illegit­timo aiuto di Stato.

La norma sotto esame è quel­la in forza della quale sono e­sentati dall’imposta gli immo­bili nei quali gli enti non com­merciali (tra i quali rientrano anche gli enti ecclesiastici), svolgono alcune specifiche e de­finite attività di rilevante valo­re sociale, cioè quelli «destina­ti esclusivamente allo svolgi­mento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didat­tiche, ricettive, culturali, ricrea­tive e sportive, nonché delle at­tività di cui all’articolo 16, let­tera a) della legge 20 maggio 1985. n. 222 [le attività di reli­gione o di culto]» (art. 7, c. 1, lett. i, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504).

Immaginiamo che nostri let­tori abbiano l’impressione di un déjà vu. In effetti quella che si riapre in questi giorni è una vicenda del tutto analoga a quella che ci ha accompagnato dal 2006, con la presentazione di una denuncia alla Commis­sione europea cui veniva chie­sto di valutare se l’esenzione costituisse illegittimo aiuto di Stato, al 2008, con la decisione della Commissione di archi­viare la richiesta in quanto, sul­la base delle analisi effettuate, le misure contestate non appa­rivano aiuti di Stato.

La 'ripartenza' è attestata da un comunicato stampa del 12 ottobre nel quale la Commis­sione annuncia si aver avviato un’indagine nel corso della quale «verificherà se le misure possano essere compatibili con il mercato interno». La notizia è stata subito – e insistente­mente – ripresa dai media, so­prattutto quelli della carta stampata, per riproporre, pur­troppo in molti casi, le consue­te letture approssimative e di­storte della norma agevolativa. Le affermazioni scorrette e del tutto infondate sono le solite, ma forse può essere utile ri­cordarle brevemente.

Innanzitutto viene lamenta­to che l’esenzione agevola «il Vaticano»; ciò dimostra insa­nabile ignoranza o evidente mala fede, dal momento che il Vaticano è uno Stato estero e in quanto tale non è soggetto alle imposte italiane; ne consegue che non trae alcun beneficio dall’esenzione rispetto a un’im­posta che non lo riguarda. Per capire l’assurdità dell’affer­mazione sarebbe un po’ come sostenere che l’esenzione dal­l’Ici agevola la Francia, la Spa­gna, la Germania o un altro qualsiasi Stato. Ancora più scorretto è il tentativo di far passare nell’opinione pubblica l’idea che tutti gli enti della Chiesa italiana (parrocchie, diocesi, seminari, istituti reli­giosi, eccetera) siano «Vatica­no » e non, invece, soggetti giu­ridici autonomi parte dell’or­a dinamento italiano. Un altro frequentissimo tra­visamento nell’esposizione dei fatti riguarda l’asserzione che l’esenzione sia mirata a favori­re gli enti appartenenti alla Chiesa cattolica; va invece per l’ennesima volta ricordato che la norma si applica a tutti gli enti non commerciali, catego­ria nella quale gli enti eccle­siastici rientrano esattamente come molti altri soggetti del mondo del cosiddetto non pro­fit come, ad esempio, le asso­ciazioni sportive dilettantisti­che e quelle di promozione so­ciale, le organizzazioni di vo­lontariato e le onlus, le fonda­zioni e le pro-loco, le organiz­zazioni non governative e gli enti pubblici territoriali, le a­ziende sanitarie e gli istituti previdenziali. Un’ulteriore inesattezza ri­guarda la delimitazione della tipologia di immobili oggetto di agevolazione: l’esenzione non riguarda tutti gli immobi­li di proprietà degli enti non commerciali, ma solo quelli de­stinati – per intero – allo svol­gimento delle attività che la leg­ge prevede. Inoltre, esattamente all’op­posto di quanto si continua ad affermare, per usufruire dell’e­senzione tutto l’immobile deve essere utilizzato per lo svolgi­mento dell’attività esente; se in un’unità immobiliare si svolge un’attività rientrante nell’e­lenco unitamente ad un’attività che, invece, non vi figura, tutto l’immobile perde l’esenzione.

Risulta così evidente l’asso­luta falsità della denuncia che gli enti ecclesiastici 'estorca­no' l’esenzione inserendo una cappellina in un immobile non esente. In questi casi, infatti, l’intero immobile va assogget­tato all’imposta, compresa la cappellina che, autonomamen­te considerata, avrebbe invece diritto all’esenzione.

Da ultimo ci spiace dover e­videnziare un ulteriore pas­saggio francamente incom­prensibile in alcuni dei com­menti alla vicenda: la medesi­ma norma che esenta gli im­mobili ove si svolgono le atti­vità indicate sopra, che rive­stono un rilevante valore so­ciale, viene qualificata come privilegio quando le attività si svolgono negli immobili degli enti ecclesiastici, ma viene giu­stificata come importante e me­ritorio sostegno da parte dello Stato nei casi in cui riguarda le medesime attività svolte negli immobili delle pro-loco, delle associazioni o delle onlus.

Venendo, però, al merito della que­stione: l’esenzione in argomento co­stituisce oppure no aiuto di Stato ille­gittimo? Per conoscere la risposta oc­correrà naturalmente attendere che la Commissione europea completi la sua indagine, ma può forse essere utile ri­cordare quanto afferma il Ministero dell’economia e delle finanze nella Circolare n. 2/F del 26 gennaio 2009, emanata per precisare la corretta ap­plicazione della norma dopo che le modifiche apportate al testo origina­rio hanno stabilito che l’esenzione in questione «si intende applicabile alle attività [...] che non abbiano esclusi­vamente natura commerciale». (cfr. c. 2-bis dell’art. 7 del D.L.. n. 203/2005, come riformulato dall’art. 39 del D.L. 223/2006).

A tale proposito, partendo dalla con­siderazione

«che un’attività o è com­merciale, o non lo è, non essendo pos­sibile individuare una terza categoria di attività»
la Circolare sostiene che il richiesto requisito della natura non e­sclusivamente commerciale dell’atti­vità

«debba essere riferito solamente al­le specifiche modalità di esercizio del­le attività in argomento, che consenta­no di escludere la commercialità al­lorquando siano assenti gli elementi tipici dell’economia di mercato (quali il lucro soggettivo e la libera concor­renza), ma siano presenti le finalità di solidarietà sociale sottese alla norma di esenzione. Infatti, la combinazione del requisito soggettivo e di quello oggetti­vo comporta che le attività svolte negli immobili ai quali deve essere ricono­sciuta l’esenzione dall’ICI non siano di fatto disponibili sul mercato o che sia­no svolte per rispondere a bisogni so­cialmente rilevanti che non sempre so­no soddisfatti dalle strutture pubbli­che e che sono estranee alla sfera di a­zione degli operatori privati commer­ciali ».


Inoltre, ad avvalorare tali affermazio­ni di principio il documento di pras­si scende nel concreto individuando, per ciascuna delle attività indicate dalla norma agevolativa, le modalità di esercizio che possano essere con­siderate non esclusivamente com­merciali.

Se il percorso logico della Circolare 'tiene' l’esclusione dall’ordinario am­bito del mercato delle attività consi­derate dovrebbe comportare l’inap­plicabilità delle norme concernenti gli aiuti di Stato e portare, quindi, alla conclusione che l’esenzione è legitti­ma.

Staremo a vedere. Ma, ed è l’ultima riflessione che pro­poniamo ai lettori, va anche tenuto presente che l’eventuale eliminazio­ne della norma di esenzione conte­stata comporterebbe la soppressione dell’agevolazione anche in riferimen­to ad immobili nei quali con assoluta certezza non si svolge alcuna attività in concorrenza con il mercato, come possono essere le mense per i poveri o i dormitori per i senza fissa dimora.Avvenire29 ottobre 2010

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