L'antico Duomo di Trivento | Diocesi di Trivento

Riflessioni

L'antico Duomo di Trivento

L'antico Duomo di Trivento

Nei giorni scorsi, in visita alla Cattedrale di Trivento, sono venuti dei giovani argentini, discendenti di emigrati molisani. Tra di loro c'era anche una giovane nipote di un triventino emigrato in Argentina nel secolo scorso. Costei guardava e riguardava la piazza antistante la Cattedrale e sembrava smarrita e confusa. Le ho chiesto cosa cercasse e mi ha detto, testuali parole: “mio nonno la Cattedrale me l’ha sempre descritta così bella e maestosa, però questa piazza la dipingeva tutta piena di gente e del chiasso dei bimbi, mentre io la trovo ora così silenziosa e deserta”.

Ricordando una storiella medioevale ho ripensato alla fatica e all’orgoglio dei triventini che hanno costruito questa Cattedrale che si avvicina ormai al millennio della sua fondazione

Un pellegrino era in cammino, a piedi, verso un famoso santuario, come si usava a quei tempi. Quando la strada cominciò ad inerpicarsi per il brullo fianco di una collina che pareva desolata e battuta dai raggi roventi del sole prese ad incontrare tanti grossi mucchi di pietra sui quali era seduti, qua e là, degli uomini che scalpellavano i massi di roccia per ricavarne blocchi di pietra squadrati ed adatti alla costruzione. Man mano che il pellegrino si avvicinava guardò con compassione un primo operaio che la polvere, la fatica e il sudore rendevano irriconoscibile e, timidamente, gli chiese: "Che cosa fai?". L'uomo, tutto intento al suo lavoro e con tono sgarbato, rispose: "E che non lo vedi? Mi sto semplicemente ammazzando di fatica!".

Il pellegrino non disse nulla e continuò il suo cammino verso il santuario. Notò un secondo spaccapietre, altrettanto impolverato, stanco, e forse ferito, e anche a questo rivolse la stessa domanda: "Che cosa fai?". La risposta fu: "Non lo vedi? Da mattino a sera lavoro per mantenere la mia famiglia, ho moglie e tanti bambini da crescere". Quando il pellegrino giunse in cima alla collina trovò un terzo spaccapietre che, proprio come gli altri, era affaticato e stanco morto, però questi, oltre alla polvere sui vestiti e al sudore sul volto, avevano una strana serenità e una contagiosa gioia negli occhi tutti luminosi. Il pellegrino gli chiese "Che cosa fai?". Questi, a differenza degli altri due, alzandosi in piedi e tutto sorridente, con fierezza ed orgoglio, esclamò: "Non lo vedi? Sto costruendo una cattedrale destinata a sfidare i secoli mortali!".

E’ una storiella significativa che mi torna in mente ogni volta che guardo la nostra splendida Cattedrale, che accoglie tanti e tanti fedeli e che, con il campanile che punta diritto verso il cielo, ci indica una meta sicura, il vero traguardo della nostra. Allora ripensò a coloro che l'hanno edificata e a loro dedico queste scarne parole, nella speranza di riuscire noi presto ad abbellirla con pitture e vetrate policrome.

Antico e sacro Duomo di Trivento
dalla bella facciata di pietra grigia,
così ben ornato di simboli e colonne,
tanti, passando indaffarati e distratti,
appena ti volgono lo sguardo
di te restano ammirati ed estasiati.
Pochi sanno però quanto tu,
di questa gloriosa città,
di questa vetusta nostra Diocesi,
per secoli, sia statoe resti
il centro, il cuore, l’anima.

Eppure ogni triventino verace,
sia pure emigrato in terre lontane,
ti sogna sovente
e, nel ripensare nostalgico a te,
sicuramente rimpiange
l’austera bellezza della quieta
e silenziosa tua piazza,
sulla quale t’affacci maestoso
e che tu imponente domini.
E’ proprio allora che, riempiendosi
gli occhi di ricordi e di lacrime,
ognuno, fiducioso e commosso,
chiede ai nostri Santi Patroni
una particolare benedizione.

Tu sei sempre nei nostri cuori,
amato e ammirato monumento di fede,
a tutti ridoni momenti lieti e sereni.
Ebbene, come custodisci
da secoli nel tuo grembo
la splendida cripta di san Casto,
splendido scrigno di storia e di arte,
aiutaci a conservare orgogliosi
la fede, la speranza e la pace.

Quanti ti passano vicino,
se entrano poi, o spinti da curiosità
o con atteggiamento pio e devoto,
restano conquistati subito e rapiti
dallenavate tue ampie e severe.
Tu diventi per loro l’amico di sempre,
il geloso custode d’una vita di grazia,
da trascorrere a servizio del mondo,
da testimoniare alla luce del vangelo.

don Mimì FazioliTrivento (CB), 24 febbraio 2011

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