Verso una nuova umanità | Diocesi di Trivento

Riflessioni

Verso una nuova umanità

Verso una nuova umanità In un volume uscito lo scorso settembre per Rizzoli dal titolo “Comune, oltre il privato e il pubblico” Michael Hard ed Antonio Negri cercano di analizzare un percorso possibile dell’umanità nell’organizzazione delle strutture sociali e politiche dopo la crisi del Comunismo, del Capitalismo e della Globalizzazione.

La loro tesi di fondo è che la modernità, negando il principio della comunanza dei beni della Terra affermate ad esempio nel Decretum di Graziano, nello stile di vita dei primi cristiani o dell’ordine dei mendicanti di Francesco d’Assisi, abbia lavorato con politiche di stampo neoliberiste per privatizzare il comune e trasformare tutti i prodotti, perfino quelli culturali, in proprietà privata.
Questo riferimento all’idea cristiana della condivisione dei beni, oggi per fortuna ancora presente nella carità solidale di chi finalizza la ricchezza a scopo sociale soprattutto nella Chiesa Missionaria, è molto bella da parte di autori non credenti, quando tra molti cattolici e nella stessa istituzione ecclesiale, a parte le splendide dichiarazioni di principio contenute nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, la proprietà privata si è andata sempre più diffondendo come concetto e come prassi sul piano immobiliare, finanziario e perfino speculativo.

Fondamentalmente, secondo Michael Hard ed Antonio Negri, la politica ed il potere, nonostante i tentativi di diverse forze dell’antimodernità, sono stati funzionali alla difesa del privato costruito intorno a singoli o a strutture sempre più egoistiche come la famiglia, l’impresa o gli Stati.

In pratica fascismi, fondamentalismi ed imperialismi hanno portato a quella che rappresenta “la forma al momento predominante della sovranità e che è una politica repubblicana caratterizzata dalla sovranità della legge e della proprietà”, mentre lo sforzo filosofico e politico dovrebbe essere quello di immaginare una nuova idea di repubblica che non sia ipotecata dai beni privati funzionali all’arricchimento di un numero limitatissimo di soggetti.

Strategie del controllo biopolitico del capitalismo sono diventati, con la globalizzazione, il denaro, gli strumenti finanziari, i copyright, come la precarizzazione del lavoro e le regole del mercato dettate dalle grandi multinazionali.
Dopo il fallimento di una governance che potremmo chiamare imperiale, fondata sul multilateralismo o sull’unilateralismo, anche attraverso istituzioni sovranazionali quali l’ONU, il WTO, il FMI, la FAO,la Banca Mondiale, la Nato, è giunto il momento di pensarne una non più costituita da un numero ridotto di privilegiati, ma da una pluralità democratica sempre più larga ed aperta formata dalla moltitudine, la quale deve, attraverso un processo rivoluzionario, riappropriarsi di tutto ciò che è comune, dagli elementi materiali, come la terra, l’acqua, i minerali, il gas, a quelli della sfera artificiale, quali i linguaggi, le immagini, i saperi, gli affetti, i codici, i costumi, le consuetudini.

La pratica rivoluzionaria nel nostro tempo, secondoHard e Negri, consiste allora nella prospettiva di riappropriazione di taluni elementi ed in obiettivi che potremmo definire di pari opportunità per ogni essere umano.
La moltitudine, dunque, deve conquistare alcuni mezzi per una struttura sociale fondata sull’autogoverno, sulla giustizia e l’uguaglianza: una rappresentanza democratica reale, un uso corretto del denaro, nuove regole del mercato e del lavoro.
La società di una nuova umanità si definisce con un pacchetto di diritti fondamentali per tutte le popolazioni del mondo sintetizzabili nelle seguenti finalità: realizzare infrastrutture materiali ed immateriali, garantire un’educazione ed istruzione obbligatorie per tutti, contrastare privatizzazioni, patenti, copyright o altre forme di proprietà immateriale, assicurare in modo generalizzato prerequisiti tecnologici e risultati della ricerca tecnologica, sostenere la libertà di pensiero, di movimento, di residenza, l’introduzione della cittadinanza globale ed un reddito minimo garantito su scala nazionale e globale.

È questa quella cheHard e Negri chiamano l’altermodernità e che in un processo rivoluzionario deve sostituire la triade identità, proprietà e sovranità che qualifica la modernità con l’altra triade singolarità, comune e rivoluzione capace di creare una nuova umanità fondata sull’amore.
In un attivo ed autonomo autogoverno della moltitudine, secondo gli autori, sarà possibile reinventare perfino una concezione politica della felicità fondata su tre elementi fondamentali: minimo vitale a chiunque, uguaglianza contro ogni forma di gerarchia autoritaria e libertà di accesso al comune.

A parte la profonda analisi storico-politica sulla società moderna e contemporanea, il volume “Comune, oltre il privato e il pubblico” è secondo noi un tentativo importante di dare regole ad un processo rivoluzionario, rispetto alla globalizzazione della proprietà e della finanza, che è sotto i nostri occhi in questi giorni soprattutto nei Paesi del Magreb africano, ma che da anni prova ad incendiare il mondo.

Padre Ernesto Balducci alcuni anni fa in una conferenza a Campobasso disse chiaramente che un sistema economico in cui ottocento milioni di occidentali possiedono l’83% del reddito mondiale non è tollerabile e che i poveri lo avrebbero scardinato. In maniera ancora più chiara egli così scrive nel suo volume “La terra del tramonto” per le Edizioni Cultura della Pace: “Gli esclusi dal banchetto delle nazioni fanno ressa alla porta e c’è chi riesce a penetrare nella sala sfarzosa suscitando nei commensali sgomento ed irritazione. La buona coscienza è finita per sempre e l’opulenza non può durare senza crimine.”

J.Baudrillard nel suo saggio “Power Inferno” sostiene giustamente che abbiamo globalizzato tutti gli elementi del sistema capitalistico annullando senza pudore l’universalizzazione dei diritti umani.
Ora i popoli si ribellano al potere dittatoriale di figuri insignificanti incollati ai governi dalla forza delle armi e cercano di scardinare l’egoismo cieco ed irrazionale di chi vorrebbe ancora mantenere in piedi un capitalismo selvaggio e spregiudicato.
Se in questa fase le organizzazioni internazionali possono avere una funzione, ebbene questa è quella di attivarsi per evitare quanto più possibile la violenza ed i morti nei processi rivoluzionari e facilitare appunto la transizione verso una nuova umanità pacifica e democratica.

Muoversi a livello diplomatico e politico non è facile, ma in giorni difficili come quelli che si vivono in tantiPaesi del mondo è quanto mai necessario. di Umberto BerardoTrivento (CB), 13 marzo 2011

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