Vuoto di governance | Diocesi di Trivento

Riflessioni

Vuoto di governance

Vuoto di governance Non c’era bisogno di questo nuovo conflitto nel Mediterraneo per renderci conto che le organizzazioni internazionali purtroppo ragionano e si muovono non secondo criteri umanitari e di ricerca della pace e della giustizia per tutti i popoli, ma quasi sempre facendo prevalere interessi legati a taluni Stati o a gruppi di grandi lobbies economiche. D’altronde non potrebbe essere diversamente, visto che queste istituzioni sono nate e si sono strutturate secondo criteri privi di parità decisionale tra gli Stati, affidando in pratica il potere delle delibere a quelli più potenti sul piano economico, politico o militare.

Per la risoluzione dei conflitti esse hanno ormai escluso i sistemi diplomatici o l’interposizione pacifica tra contendenti per imboccare quasi sempre la strada della guerra, pure da tutti ipocritamente sempre avversata a parole o considerata l’ultima ratio.

Quello che oggi non si riesce più a capire è l’assoluta irrazionalità con cui vengono prese decisioni delle quali non solo non si riescono ad intravvedere finalità legate al bene comune, ma neppure quelle di carattere contingente connesse alla soluzione del problema per il quale si interviene. Tutto questo è già accaduto in diverse aree dello scacchiere internazionale dal Medioriente alla Somalia fino all’Afghanistan, al Libano o alla Penisola Balcanica. Siamo lì da anni con soldati che combattono guerre che chiamiamo “operazioni di pace”, che seminano il territorio di morti e che finora non hanno risolto alcun problema per le popolazioni locali, ma forse solo talune questioni relative a velleità neocoloniali, all’approvvigionamento di materie prime o all’imposizione di determinate regole commerciali.

Per ciò che riguarda la recente risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu siamo davvero ad una forma di espressione sibillina nella quale si parla dell’istituzione di una no-fly zone che, in assenza di rapporti con le parti contendenti, dovrà necessariamente essere imposta con la forza e dunque con bombardamenti che, si scrive, “dovrebbero proteggere i civili”. Sulle questioni relative al superamento della guerra civile in atto, che poi sono quelle più rilevanti, nessun accenno. Tra l’altro la decisione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu è stata presa con dieci voti favorevoli e cinque astensioni. Buio totale, almeno fino a questo momento, sull’attribuzione del comando delle operazioni militari che sta determinando contrasti fortissimi soprattutto tra Italia e Francia.

Perché poi, seguendo le logiche di una tale governance, intervenire in Libia e non per esempio nel Bahrain?
L’Unione Europea in merito appare decisamente spaccata con Francia e Gran Bretagna interventiste, Germania neutrale ed Italia incerta e comunque poi, tra balbettii incomprensibili di quasi tutte le forze politiche, a rimorchio delle posizioni altrui.

Ovviamente non è confortante che nel Vecchio Continente non siamo capaci di trovare una politica estera unitaria e siamo riusciti fin qui solo a realizzare obiettivi comuni di natura prevalentemente economica o meglio ancora monetaria e finanziaria. Se rimanesse il solo traguardo, dovremmo davvero ripensare criticamente il cammino fin qui percorso!
La cosa più evidente su questo ennesimo conflitto armato nel Mediterraneo, oltre alle contraddizioni plateali nella politica estera di molti Stati, è il vuoto di capacità razionale di governance nel mondo arabo, in Europa e più in generale nel mondo.

È passato solo qualche giorno dalla risoluzione 1973 e già si avvertono crepe nell’imposizione della no-fly zone tra i cosiddetti Paesi volontari, alcuni dei quali, insieme ad organizzazioni come la Lega Araba, addirittura chiedono già una ridefinizione dei termini della determinazione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Si capisce in modo chiaro che ancora una volta interessi economici di taluni Stati sono anteposti a valori sicuramente fondamentali come la vita di esseri umani, la pace, la giustizia sociale.

Sì, amici lettori, la vita degli esseri umani, che non possiamo dividere distinguendola tra quella dei civili o dei militari, comunque va sempre difesa contro ogni violenza ed ogni guerra, che possiamo anche edulcorare nei termini, ma rimane in ogni caso un evento da cancellare definitivamente dalla storia.
Si dirà che queste sono idee da idealismo utopistico.
Invece noi siamo convinti che esse appartengano al realismo spregiudicato di chi non si rassegna a porre il valore della vita umana al di sotto di ricchezze e beni materiali.

Certo la risoluzione pacifica dei conflitti non è sempre incruenta a causa di chi sceglie la violenza come logica del potere, ma il compito dei non violenti è quello di lavorare sempre per educare alla gestione razionale e serena delle ostilità ideologiche, economiche, politiche ed umane.

Nel caso specifico della Libia non vogliamo fare dietrologia, ma le Nazioni che oggi gridano al dittatore sono le stesse che ne hanno aiutato la nascita, lo hanno tollerato e ne hanno sostenuto il potere per quarantadue anni; più che bombardare allora dobbiamo costruire intorno a noi giustizia e democrazia con stili di vita personali coerenti e con politiche estere adeguate.

Se operassimo costantemente in tal modo, molti conflitti sicuramente non nascerebbero.di Umberto BerardoTrivento (CB), 26 marzo 2011

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