Riflessione: Feste patronali a Trivento | Diocesi di Trivento

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Riflessione: Feste patronali a Trivento

Riflessione: Feste patronali a Trivento Per antichissima ricorrenza, a Trivento, I festeggiamenti dedicati ai Santi Patroni Nazario, Celso e Vittore nel mese di luglio iniziano fin dal 19 con la Novena, proseguono il 27, la mattina, con il tradizionale mercato di merci varie, lungo la strada rotabile che dall'ingresso del paese conduce a piazza Fontana, e (una volta) si teneva anche un'affollata fiera di bestiame; la sera del 27 il Vescovo presiede le funzioni religiose con l’esposizione delle Sacre Reliquie dei Santi Martiri milanesi portate a Trivento, secondo la tradizione orale, dal vescovo Ferdinando nel lontano 394 d. C.


Il 28 pomeriggio c’è laSanta Messa del vescovo Domenico e dopo esce la solenne processione, durante la quale vengono portati i preziosi busti dei santi Patroni per le strade adornate della città. La sera, in piazza Cattedrale, c’è ilconcerto bandistico di un’affermata banda musicale, che riscuote sempre il plauso del pubblico appassionato, che vi accorre sempre competente e numeroso.
La Chiesa anche con le feste religiose si sforza di meglio trasmettere la fede ai fedeli cristiani perché si ricordino più spesso e con orgoglio della grandezza del Cattolicesimo, della libertà di pensiero, del dono del perdono e della misericordia. I nostri riti tradizionali, le nostre antiche usanze e le feste popolari si devono celebrare con amore e con fede, con la capacità seduttiva derivatale da duemila anni di esperienza. Purtroppo da noi sta avvenendo che le feste cristiane si trasformino in sacre paesane condite da plateali abbuffate di porchetta e di birra, mentre in un libro di Isaac Singer si può trovare questa descrizione della tradizionalefesta ebraica delle capanne: “il rabbino salmodiò la preghiera di benedizione del pasto e tenne una predica; i Chassidim si entusiasmarono perché una tale interpretazione della Torà non era mai stata data. Il rabbino aveva svelato dei santi segreti. Alla sera la tavola fu apparecchiata con la tovaglia dei giorni festivi. Poi fu deposto un pezzo di pane e vicino fu collocata una caraffa piena di vino e un calice per il qiddush. I partecipanti ebbero l'impressione che la capanna, allestita in una delle loro case, si trasformasse nella dimora di Dio”.

Papa Ratzinger, a riguardo, aggiunge : “Qui si riaffaccia il tema della fusione di Cristianesimo e società e della penetrazione del Cristianesimo nelle usanze e nelle feste sociali, di cui abbiamo già parlato. Il rabbino non ha detto certo niente di nuovo, ma il rito, svoltosi in modo devoto e festoso, ha proposto il contenuto in modo davvero nuovo e rendendolo nuovamente presente”.
Il problema è questo: le feste sono per i cristiani semplici fermate temporanee ed insieme estemporanee, o sono inserite in un processo costante di un cammino di fede? La possibilità e la fragilità di accettarci come portatori della Buona Novella dovrebbero spingerci nella discutibilissima probabilità, neI tentativo titanico ed insieme esaltante, di ricreare persino un nuovo se stesso, per rinascere nel sogno fantastico ed infantile di dare un'immagine irreale di sé. La loro musica non ci lascerà mai: le feste son punti di sosta, se legate a ininterrotti flussi di pensiero, se ci permettono di raccogliere le forze e di trovare un respiro più puro, per sondare le nostre anime in una melodia di grazia che riprenda l’armonia d’ accordi di religione e di fede, mai dimenticati, ma forse solo sbiaditi dalla dispersione d’amore in rivoli profani.

Una festa è veramente tale e vale se ci permette di dispiegare le due ali della preghiera e della fede, che siano sempre più luminose e più grandi: il cielo azzurro è la nostra casa e lì, incontrandosi le persone nella gioia e nel rispetto reciproco, i nostri occhi sorrideranno ancora. La vera gioia c’è nel momento in cui puoi sentire l'infinito che inonda il tuo cuore e tu ti senti parte integrante della comunità, come un semplice filo d'erba cullato dal vento dello Spirito. L’amore cristiano è un dono spontaneo offerto ai fratelli, che non esige proclami, ma si raffigura in quell’infinitamente grandedell’Assoluto che alberga nel mio infinitamente piccolo capace però di attenuare l’altrui melanconia e che mi permette di cogliere la divina bellezza nascosta, come in un sussurro, nel compagno di viaggio... e mi fa capire che questo mondo è pieno di persone splendide, delle quali di solito non ci accorgiamo, perché son quelle che sanno operare e amano tacere, mentre notiamo e valorizziamo solo quelle che gridano per sovrastare gli altri, anche se non fanno poi il resto di niente.

Nel profondo odierno buio delle false certezze moderne, una festa religiosa potrebbe essere un salutare raggio di luce che permetterà a noi di riorientarci alla fede e a questa di guidare, quotidianamente, i nostri passi.don Mimì FazioliTrivento (CB), 26 luglio 2011

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