L’ICI e la Chiesa: l’evasione che non c’è! | Diocesi di Trivento

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L’ICI e la Chiesa: l’evasione che non c’è!

L’ICI e la Chiesa: l’evasione che non c’è! Il cardinal Bagnasco ha detto basta con la confusione e con le menzogne presentate come sana e dotta informazione.

Quanta polemica si sta alzando sull'Ici che la Chiesa non pagherebbe, ma in pochi (politici compresi) conoscono la reale situazione.

Per niente affatto la Chiesa Cattolica è privilegiata nel pagamento dell'Ici!

C'è solo chi sa, e magari tace; e c'è chi non sa, o vuol far finta di non sapere, ma strombazza ai quattro venti.
Ecco la norma di legge che regola la materia, contenuta nel decreto legislativo 504 del 1992 e successive modifiche:

  1. Gli immobili non pagano l'Ici solo se utilizzati da enti non commerciali e solo se destinati totalmente all'esercizio esclusivo di una o più tra le attività sopra elencate. Se manca una di queste due condizioni, l'esenzione decade.
  2. La Chiesa Cattolica beneficia dell'esenzione esattamente come tutte le altre confessioni religiose che hanno un'intesa con lo Stato e con gli enti non commerciali, categoria che include molti soggetti del "non profit".
  3. L'esenzione non si applica ai locali adibiti ad attività commerciali. Librerie, ristoranti, hotel, negozi e abitazioni concesse in locazione (anche della Chiesa) pagano l'Ici.
  4. Tutto l'immobile deve essere utilizzato per lo svolgimento dell'attività esente.

È falso, ad esempio, che se in un albergo c'è una cappellina, tutto l'immobile diventa esente. È vero anzi il contrario. Tutto l'albergo (compresa la cappellina) deve pagare l'Ici.

Il vento della polemica pretestuosa sulla Chiesa e l'Ici, che già paga, ma secondo alcuni non pagherebbe, ha cominciato a soffiare fino ad arrivare a Bruxelles: «Posso dire – dichiarava ieri l'altro Mario Monti durante la conferenza stampa al termine del Consiglio Ue – che in questi 17 giorni non abbiamo preso nessuna decisione e mi fermo qui. Sono anche a conoscenza di una procedura Ue sugli aiuti di Stato».

Il vento della polemica serpeggia a Bruxelles, dove c'è l'Europa che conta, fa dietrofront e atterra su Genova, dove, sempre ieri l'altro, il cardinale Angelo Bagnasco partecipa a un Convegno organizzato dall'Ucid. Il presidente della Cei giudica ragionevole la normativa vigente, «riproposta in pagine documentate e dettagliate da Avvenire, cosa importante perché c'è un po' di disinformazione», normativa che «riconosce il valore sociale delle attività svolte da una pluralità di enti non profit». Garantisce, ancora una volta, trasparenza: «Se vi sono casi concreti, nei quali un tributo dovuto non è stato pagato, l'abuso sia accertato e abbia fine». In quest'ottica, conclude Bagnasco, «non vi sono da parte nostra preclusioni pregiudiziali circa eventuali approfondimenti volti a valutare la chiarezza delle formule normative vigenti, con riferimento a tutto il mondo dei soggetti non profit, oggetto dell'attuale esenzione».

Nel mondo della politica c'è un bel coro stonato di voci reclamanti una legge che c'è già,, ma loro non sanno, affinché la Chiesa paghi... quanto già paga.

Prendiamo uno a caso, per esempio l'illustre dott. Ignazio Marino, senatore Pd: «Penso che la Chiesa proporrà autonomamente di pagare una tassa sulle attività commerciali, mentre tutti i patrimoni
immobiliari destinati all'assistenza e a scopi umanitari dovrebbero essere protetti dalla tassazione». Ma cosa dici mai, caro senatore, proporre qualcosa che già esiste? Possibile che un senatore del calibro di Marino ignori la legge 504 del 30 dicembre 1992? Possibilissimo. Anche lui, forse, “marina” le aule del Senato e sorvola sugli articoli di legge! Senza esagerare mi torna in mente un certo Caligola.

Sull'altro versante politico, c'è Gabriella Giammanco, deputata Pdl: «Propongo che solo e soltanto gli edifici che hanno finalità commerciali siano sottoposti a tassazione», in altri termini lasciamo tutto come sta. Ritrovi poi Domenico Gramazio, anch'egli del Pdl, che si dimostra altrettanto disinformato: «Ci sono edifici che non svolgono assistenza, cura o sostegno ai socialmente svantaggiati e ai diversamente abili, ma sono dati in locazione per altre attività. Questi ultimi devono pagare». C'è perfino chi osa fare di più: Riccardo Nencini, segretario nazionale del Psi, che ha addirittura impugnato carta e penna e scritto al cardial Segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone. «Gli ho chiesto che la Chiesa stessa sia disponibile a rinunciare a una condizione di privilegio che non ci possiamo più permettere».

E pensare che, a Roma, Propaganda Fide e Apsa, con le loro proprietà, sono al secondo e al terzo posto tra i contribuenti, stando ai documenti dell'Agenzia delle Entrate inviati dall'Italia alla Corte europea.
Ma a che cosa potrebbe servire?

Ieri, per il Psi, scendeva in campo pure Bobo Craxi, un vero calibro da novanta: «Lo Stato Pontificio faccia un gesto volontario che rechi una chiara predisposizione a contribuire, in misura significativa, alla riduzione
del debito italiano».

Non mancano, per fortuna, i commenti informati e ragionevoli. Mario Lupi, vicepresidente Pdl alla Camera, avverte: nessun privilegio, «è giusto che determinate attività siano esenti. E che le violazioni, se ci sono, siano punite ». Francesco Giro, deputato Pdl, dimostra di essere al corrente dei fatti: «La Chiesa le sue tasse le paga tutte, secondo le norme vigenti. Questa polemica le sta producendo un danno incalcolabile all'immagine». Analogo l'intervento di Antonio De Poli, portavoce dell'Udc: «Sarebbe da irresponsabili introdurre l'imposta sui luoghi di culto. Le diocesi pagano già per gli immobili in cui si svolgono attività commerciali».

Ieri si faceva autorevolmente sentire anche il Sir: «Sul piano tecnico le cose sono chiare: la Chiesa cattolica paga quello che c'è da pagare, paga quello che è previsto, come tutti, e non gode di nessun privilegio», auspicando un «segnale» significativo in occasione dei 50 anni dal Concilio; e l'Aiart, tramite il suo presidente Luca Borgomeo: «Nella vicenda dei presunti privilegi fiscali della Chiesa c'è uno squilibrio informativo».

Infine il blog di Sandro Magister, cliccatissimo sul web, denuncia la disinformazione: «Le esenzioni Ici previste dalla legge non sono denari in perdita. Sono risorse che ritornano moltiplicate allo Stato e alla società».

Ma paradosso eclatante vuole che il bravo vaticanista lo abbia fatto proprio dal sito del gruppo più impegnato nella disinformazione della quale si parla, quello de L'Espresso.don Mimì FazioliTrivento, 12 dicembre 2011

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