Il denaro misura dell’uomo? | Diocesi di Trivento

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Il denaro misura dell’uomo?

Il denaro misura dell’uomo? Per parafrasare H. Marcuse si ha come la sensazione che l'essere umano oggi sia come indirizzato verso un'unica dimensione: quella economica appunto.
Ora, al di là di ogni discorso di carattere retorico, è fuori discussione che, quando si parla di economia, ogni riferimento va subito al denaro, al suo utilizzo, alle possibilità che apre ed alle contraddizioni che manifesta.

Il denaro è entrato nella storia come strumento di scambio e di negoziazione e dunque come un mezzo, ma oggi in un'ottica liberista sembra diventato un idolo, un nuovo vitello d'oro, rappresentazione dei sogni della realizzazione materialistica dell'uomo. In buona sostanza è il fine della vita di chi misura la propria umanità con il metro della ricchezza. È mezzo di contrattazione, ma allo stesso tempo merce esso stesso negli scambi borsistici dove può essere accumulato con l'acquisto e le vendite di azioni o titoli. Oltre che strumento di mediazione si trasforma in simbolo di ricchezza e forma di profitto da ostentare al mondo senza pudore nei luoghi “sacri” dell'economia capitalistica che sono le banche e le borse.

Dopo il baratto, prima forma di commercio, il denaro entra nella storia dell'uomo già duemila anni prima di Cristo nell'antico Egitto e sicuramente spazza via l'economia comunistica, contribuendo nel corso dei secoli a costruire i concetti e le strutture di proprietà privata e di capitalismo. Doveva servire come strumento di scambio dal valore simbolico per relazioni commerciali integrate tra i popoli, mentre in realtà si è sempre più trasformato in mezzo per allargare le divisioni e dividere l'umanità in pochissimi ricchi e tantissimi poveri. E ricchezza e povertà come si misurano? In denaro, appunto, a seconda che si riesca a superare o meno una certa soglia di reddito.

Nel mondo c'è chi non possiede neppure il necessario per i bisogni fondamentali al mantenimento della vita e chi, al contrario, dispone a dismisura di tutto per potersi permettere ogni cosa.
Il denaro è diventato la misura della vita dell'uomo che non è più vista sul piano qualitativo, ma solo quantitativo in relazione agli averi accumulati.

Ovviamente tale discorso per fortuna non è generalizzabile, perché il rapporto con i soldi è molto diverso in relazione al fatto che si sia una donna o un uomo, un intellettuale o un operaio, un asceta o un promotore finanziario, un barbone o un imprenditore.
Vittorino Andreoli nel suo saggio “Il denaro in testa” edito da Rizzoli scrive che il denaro può avere diverse funzioni: acquisire beni e servizi utili a vivere dignitosamente secondo le regole minimaliste dell'essenzialità senza ridurre tutto a shopping con criteri di prodigalità piuttosto che di avarizia; rappresentare un antidoto contro la paura del futuro, delle malattie e della morte; avere unicamente una mansione decorativa per la bellezza del corpo il cui mercato produce enormi profitti; servire per scopi filantropici legati a progetti utili alla società.

La febbre di denaro, sempre secondo Andreoli, può perfino generare malattie psicosomatiche molto gravi che vanno dalla dipendenza, alla crisi di astinenza, alla depressione, all'ansia, al panico, alla parafrenia monetaria, alla stupidità, alla distruttività.
Una cosa è certa: soprattutto la finanziarizzazione dell'economia sta inducendo tantissime persone a forme d'immoralità diffusa quali la speculazione, la corruzione, il riciclaggio o l'evasione fiscale in forme che si fa sempre più fatica a controllare.

Provate solo a riflettere per un istante se può esserci una base etica nel comportamento di speculatori che, come è accaduto nei giorni scorsi per il prezzo dei diritti legati all'aumento del capitale di Unicredit, in pochissimi giorni fanno scendere il valore del titolo del 60% ed in un solo giorno lo portano al rialzo dell' 80%.

Il sistema borsistico in tal modo diventa davvero selvaggio; eppure né la Consob né altri istituti di controllo di livello internazionale riescono a studiare regole capaci d'impedire contrattazioni in cui la furbizia e l'inganno muovono gl'interessi di pochi e la rovina degl'ingenui o degl'illusi.

Viviamo in un'epoca in cui, come sostiene Emmanuel Mounier in “Rivoluzione personalista e comunitaria”, non è il denaro al servizio dell'economia e del lavoro, ma sono questi ultimi, labili e precari, che diventano funzione del denaro ed allora l'economia si trasforma in un immenso gioco d'azzardo non più in grado di associarsi alla produttività reale.

I bisogni indotti e l'illusione che gli stessi lavoratori possano essere inclusi nella chimera del risparmio e della speculazione stanno facendo il resto e ci allontaniamo sideralmente dalla giustizia e dal rispetto della dignità di ogni essere umano.

Se continuiamo a pensare che lo sviluppo economico coincida unicamente con l'aumento del reddito piuttosto che con il miglioramento qualitativo delle condizioni di vita, le quali evidentemente inglobano la salute, il benessere psico-fisico, l'allargamento dell'orizzonte culturale, la gioia di vivere e le relazioni di affetto e di rispetto reciproco, la nostra società, lontana da ogni relazione tra economia e principi etici, sarà sempre più schiava delle frustrazioni del denaro associato al potere e lontana dall'attenzione per i bisogni fondamentali dell'uomo.

Il prof. Franco Riva nel volume “Come il fuoco. Uomo e denaro” edito da Cittadella sostiene giustamente che lungo è per fortuna l'elenco di ciò che non è permesso al denaro e riguarda quanto vi è di più profondo nell'esistenza comunitaria: la verità, la fede, i diritti umani, la giustizia, l'ambiente, la solidarietà ed il senso delle cose.

Nello stesso volume di Riva c'è poi un passaggio in cui, citando Kant, l'autore afferma che il prezzo, che è sempre relativo, riguarda le merci ed il mercato, mentre il valore è assoluto, riguarda le persone nella loro essenza più profonda e non ammette nulla di equivalente.
Insomma nella vita c'è sicuramente ciò che non è negoziabile ed a tale certezza possiamo ispirarci anche nell'utilizzo del denaro, seguendo il principio della condivisione.

Sappiamo bene che una tale antropologia è lontana da una società come quella in cui stiamo vivendo, ma lo sforzo culturale, politico ed etico delle donne e degli uomini onesti deve andare nella direzione di uno stile di vita non orientato all'accumulo di denaro o in generale di ricchezza, ma indirizzato a relazioni interpersonali segnate dall'amicizia e dall'amore.Umberto Berardo15 gennaio 2012

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