La festa del papà | Diocesi di Trivento

Riflessioni

La festa del papà

La festa del papà Diciannove marzo è la festa del papà: quale occasione migliore di questa per farne la festa della riconoscenza? Lo diciamo spesso, però ora è doveroso ripensare ai sacrifici dei padri: l’amore e la gratitudine che abbiamo per loro vanno oltre tutto e oltre tutti!

Qualunque sia l’immagine che ognuno di noi conserva del proprio padre, viviamo sempre nell’attesa di ritrovarlo, di incontrarlo, di condividere con lui le esaltanti recenti esperienze della vita: incatenati come siamo a loro, in infiniti attimi di tenerezza, in mezzo a schiocchi veloci della memoria e tra i bagliori fulminei dei sentimenti.

Il cuore ti batte sempre forte, in sintonia con il suo, quando tu senti i suoi passi che lo riportano a casa, dopo una lunga e faticosa giornata. Ma il respiro si fa affannoso per colui che pensa a suo padre che non c’è più.

E’ vero che i padri sono uomini tanto diversi eppure tanto uguali tra loro, intenti come sono a trasmettere ai figli i propri ideali, oltre che a scarificarsi e spendersi giorno dopo giorno per loro.

E’ anche vero che essi non amano tutti allo stesso modo, dipende sempre e da cosa è stato donato loro e da quanta corrispondenza ricevono in cambio del loro operare.

E sono diversi per quel che hanno vissuto e per tutto quanto stanno oggi vivendo.

I padri che hanno combattuto la guerra, sono così diversi da quelli che lottano per il proprio lavoro? I padri che mangiano lavorando la terra sono cosa hanno in comune con quelli che sono emigrati all’estero, dopo che il diritto al lavoro è stato loro negato? Ci sono padri per i quali la vita è ancora ogni giorno più bella e ci sono padri che, pur avendo donato tanto amore, avendo abbracciato con calore e accostati sempre i propri figli al proprio cuore, si ritrovano chiusi nel vicolo cieco della dolorosa solitudine e i propri occhi si riempiono, spesso, di lacrime sconsolate! Che dire, poi, della profonda diversità tra i padri che hanno violato e calpestato la dignità dei propri figli e quelli che sono stati ingiustamente privati della loro vicinanza?

E per qualcuno c’è anche un sogno irrealizzabile: sentirsi dire, almeno, ancora una volta, dalla voce paterna “stai tranquillo, ci sono io, non ti lascio!”. Quanti anni son passati da quando all’improvviso lui, consumato dalla malattia, un triste giorno d’ottobre, se ne è andato e tu non senti più la sua voce tranquilla, né le sue dolci parole? Tu vorresti, ma non puoi più, stringere la sua calda mano callosa, quella che ti trasmetteva una così gran dose di sacra speranza.

Ebbene non lasciarti abbattere dal dolore e vivi questa separazione con fede. Proprio la fede nella vita eterna ti fa sapere che la morte non è niente. E lui, il tuo amato padre, che ti dice con tanto delicato e religioso affetto: “Sono solamente passato dall’altra parte: è come se fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora, anzi più di prima. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace”.

Teneramente, la festa del papà non deve lasciar libero sfogo alle briglie del consumismo né del rimpianto, ma deve riportarci nell’alveo dei sentimenti più puri e nel sacro tepore della gratitudine per il dono gratuito che Dio ci ha fatto e che continuerà a fare: una lunga schiera di padri vigili e responsabili a guardia di fanciulli ansiosi di crescere e smaniosi di volare verso il futuro. don Mimì FazioliTrivento (CB), 15 marzo 2012

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