Liberare le donne | Diocesi di Trivento

Riflessioni

Liberare le donne

Liberare le donne L'immagine delle due ragazze indiane di 14 e 15 anni scomparse da casa a fine maggio, nei pressi di Katra Shahadatganj, un villaggio rurale dell'Uttar Pradesh, stuprate da un branco e poi impiccate ad un albero di mango ha fatto il giro dei mass-media e del web.

Appartenevano ai fuoricasta, i dalit, gli intoccabili.

Interdette, dunque, dagli appartenenti alle caste, ma non per lo stupro finalizzato all'appagamento violento e non consensuale degli istinti sessuali.

C'è chi ha criticato la pubblicazione della foto definendola sconcertante e chi invece l'ha condivisa come elemento scioccante sì, ma dal forte impatto per la riflessione relativa al tema della violenza sulle donne.

In India la situazione è tragica.

Secondo i dati delle agenzie di stampa viene violentata una donna ogni ventidue minuti, ma ci sono anche tante, come una ragazza di sedici anni, che sono sfuggite in tempo alla morte mentre stavano per essere sacrificate su una pira dietro il suggerimento di un guru o come Meriam Yahia Ibrahim Ishag, la donna di 27 anni incinta di otto mesi condannata a morte da un tribunale di Khartoum per "apostasia" perché cristiana pur avendo un padre musulmano in Sudan, o altre che vengono lapidate dai parenti per la semplice ragione di essersi sposate senza il consenso dei genitori.

Si tratta di episodi di una brutalità inquietante, ma che spesso avvengono sotto il velo dell'omertà della stessa famiglia.

Le leggi contro lo stupro dopo il 2012 in India sono state inasprite, ma il fenomeno della violenza sulle donne purtroppo non è stato debellato.

Sono certamente situazioni limite, ma non isolate, né limitate alla società indiana.

Indubbiamente ci sono società e culture nelle quali la condizione di subordinazione e perfino di schiavitù della donna è davvero disumana, ma occorre riflettere in maniera più ampia sulla situazione di disuguaglianza di genere esistente in tutto il mondo e che poi provoca i drammi sopra riportati.

La soggezione della donna al potere degli uomini è sostanzialmente frutto dell'autorità patriarcale che progressivamente si è costruita storicamente dopo il neolitico quando la società era invece sostanzialmente matricentrica, si badi bene, e non matriarcale.

Uscendo dall'economia di raccolta e caccia e fondando quella di accumulo e commercio nelle società urbane, cadono i principi di condivisione e di solidarietà nelle comunità ed emergono quelli di proprietà e forza che determinano il potere sempre più forte dell'uomo.

Da quel momento la collettività diventa sessista e finisce per ridurre la donna in schiavitù anche se in maniera diversa nelle varie società; comincia di conseguenza la lotta per la relazione di potere e per l'uguaglianza nel mondo.
Non vi è alcun dubbio che storicamente ci siano stati dei tentativi per costruire comunità fondate sulla parità di genere e sull'uguaglianza sociale sia con la rivoluzione che con il voto democratico, ma il potere dell'uomo costituito nella cultura, nell'economia e perfino nella famiglia e nelle istituzioni religiose ha prevalso ponendo una forte egemonia sulla socialità della donna che finisce al servizio completo dell'uomo.

Certo ci sono state e ci sono donne capaci di rivendicare i loro diritti e di raggiungere anche ruoli di guida e di indirizzo politico nei loro Paesi, ma se in tanti luoghi bisogna ancora lottare perché esse abbiano la garanzia dell'istruzione, la libertà decisionale e di movimento, se in altri esiste ancora il turismo sessuale, addirittura minorile, se la prostituzione e perfino la pubblicità mercifica il corpo femminile riducendolo ad un prodotto da vendere o schiavizzandolo, se la comunicazione continua a seminare discriminazione di genere e violenza, se è così difficile ancora l'ottenimento della parità di genere nelle mansioni politiche e manageriali, vuol dire che il cammino di liberazione in generale della donna incontra serie difficoltà.

Il movimento femminista ha tentato di far avanzare rivendicazioni di vario tipo, ma forse l'errore fondamentale è stato quello di fermarsi a richieste limitate, legate ad esempio prevalentemente alla libertà sessuale, mentre la linea di azione dovrebbe essere quella di un movimento planetario che si muove per ridare alla donna i diritti nodali di libertà, di opinione, di partecipazione decisionale e di ruoli paritari a livello di genere sul piano politico, istituzionale, culturale e sociale.

Ci sono certo uomini che, fuori dal maschilismo imperante, hanno grande rispetto della dignità della donna e che operano per ridarle uno stato di parità a qualsiasi livello, ma sono le donne che devono assumere la guida di un movimento di rivendicazione piena dei propri diritti.

Per ciò che riguarda gli episodi di violenza sopra citati davvero raccapriccianti occorre un'azione di contrasto con pene severe per chi si macchia di tali azioni, ma è soprattutto necessario che a livello culturale e pedagogico noi tutti cerchiamo di prevenire simili brutalità tentando di orientare le coscienze al rispetto della dignità dell'altro e ricostruendo talune istituzioni, come ad esempio la famiglia, non sull'egemonia del maschio, ma sulla parità e sull'amore.

Lo possiamo fare educando nelle scuole, ma anche eliminando gli esempi di violenza e di sessismo che riempiono il format di tante trasmissioni televisive ed ora anche il web.

La dolcezza del rapporto di amore è ciò che proprio la donna ha portato nella storia, mentre l'uomo in prevalenza, per la ricerca del potere, molto spesso si è macchiato di violenza, crimini e guerre che hanno funestato la storia.

Liberare le donne diventa, allora, necessario proprio per riportare l'umanità dal maschilismo a relazioni di dignità, di egualitarismo e di amore tra gli esseri umani, di qualunque genere essi siano. Umberto BerardoTrivento (CB), 6 giugno 2014

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