Giovedì Santo: Messa "In Coena Domini" | Diocesi di Trivento

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Giovedì Santo: Messa "In Coena Domini"

Giovedì Santo: Messa

Giovedì 18 aprile ore 19.30
Messa "In Coena Domini" in Cattedrale.

Ore 22.00
Adorazione eucaristica (chiesa del Purgatorio).

Il Giovedì Santo siamo invitati a ricordare e a celebrare quattro eventi: l'Ultima Cena, la lavanda dei piedi degli apostoli da parte di Gesù, l'agonia e la preghiera di Cristo nel Getsemani e l'arresto di Gesù. Come cristiani, il Giovedì Santo torniamo anche noi alle nostre origini, ovvero ai misteri fondanti della nostra fede.

1. L'Ultima Cena
L'Ultima Cena è un pasto pasquale che Gesù ha condiviso con i Dodici, dando alla Pasqua tradizionale un significato radicalmente nuovo: ora è Lui che diventa l'agnello sacrificale. I cristiani hanno visto in questa celebrazione l'istituzione dell'Eucaristia, in cui il pane e il vino diventano davvero il Corpo e il Sangue di Cristo.
Durante l'ultima cena gli apostoli hanno ricevuto l'Eucaristia?
Quando andate a ricevere la Comunione a Messa, riflettete su come facciamo proprio questo: ricevere. Aprendo la bocca o le mani, permettiamo di essere nutriti. Ciò accade perché l'amore che dona la vita è sempre un dono, e non può mai essere preso con la forza. Il nostro compito in questo Giovedì Santo è semplicemente confidare e aprire il nostro cuore perché possa ricevere.

2. La lavanda dei piedi degli apostoli
Sant'Ignazio di Loyola e i 3 tipi di umiltà
Lavare i piedi di un'altra persona è mettere da parte le proprie preoccupazioni, le proprie ferite, e affrontare quelle dell'altro. È abbassarsi e assumere il rischio che l'altro possa approfittare della nostra bontà. Il nostro mondo grida che i leader, i Presidenti e i CEO sono quelli che calpestano gli altri, ma Cristo ci insegna il contrario: anche noi dobbiamo essere pronti a offrirci a vicenda il servizio degli schiavi, confidando nel fatto che solo umiliandoci nel Signore scopriremo la nostra vera gloria.

3. L'agonia e la preghiera di Cristo nel Getsemani
Terminato il pasto, Gesù si è alzato e ha trasgredito i limiti prescritti dalla legge ebraica oltrepassando il torrente Cedron, il confine di Gerusalemme. In questo modo, ha lasciato la sicurezza promessa all'interno di Gerusalemme, la città della salvezza. Come ha detto Joseph Ratzinger, è uscito nella notte. Non temendo il caos, non allontanandosene, ma andando nelle sue profondità, nelle grinfie stesse della morte. Gesù può farlo perché conosce il Padre, conosce la bellezza e la luce che derivano dall'amore del Padre. Sa che la luce è più forte dell'oscurità e che l'amore di Suo Padre non lo tradirà mai. I discepoli, dall'altro lato, sono esausti e si addormentano, le loro paure li schiacciano. Si allontanano dalla realtà e si rifugiano nei loro sogni.
Rafforziamo allora la nostra fede e chiediamo la grazia di continuare ad essere vigili, a tenere gli occhi aperti, anche quando tutto sembra oscuro. Perché Cristo è la vera luce del mondo.

4. L'arresto di Gesù
Dopo una delle più belle preghiere a Dio Padre mai recitate (Giovanni 17), Gesù ha affrontato coloro che lo volevano arrestare. Lasciata la tavola a cui avevano consumato la cena, Giuda appare nuovamente sulla scena. La "compagnia" che si porta dietro mostra la realtà del suo cuore: arriva portando armi, violenza, odio e ingiustizia. Probabilmente all'inizio Giuda aveva buone intenzioni, ma come tutti noi altrettanto probabilmente ha iniziato a stancarsi di Gesù: parole non accompagnate dai fatti, tutto fumo e niente arrosto. Quando avrebbe iniziato la conquista il Messia? Dopo tre anni al suo fianco, forse Giuda ha pensato di aver guadagnato ben più di 30 monete d'argento. Giuda è come uno di quegli israeliti che dicono "Torniamo in Egitto!" Confida più nella spada che nella fede. Convinto che sia stato Gesù a tradire la causa (la causa di Giuda), Giuda fa quello che deve fare, anche con la forza. Per un momento i sogni di Giuda diventano realtà, egli entra in scena come un Messia, ma con quei trenta sporchi pezzi d'argento non ha fatto che comprare la sua schiavitù e schiavizzare l'uomo che lo aveva liberato.

Non diventiamo tutti impazienti quando ci sembra che Gesù sia troppo passivo, quando non capiamo dove ci sta conducendo? Troppo rapidamente, i semi della nostra impazienza possono diventare un giardino di violenza. Vengono in mente "soluzioni" rapide, che ci tentano a tirar fuori la spada. Alla fin fine, però, dove ci conducono? Che libertà portano? Essere pazienti significa confidare, anche quando dobbiamo soffrire, e questo è ciò che è chiamato a fare ogni cristiano.

Gesù allora risponde alle guardie dicendo: "Sono io". Con questa frase, si attribuisce il nome che Dio Gli ha dato quando si è rivelato a Mosè al roveto ardente. Cristo è Dio, ha potere. Mentre diceva queste parole, "indietreggiarono e caddero a terra". Questo gesto è il modo in cui l'evangelista Giovanni rivela la "gloria" di Cristo attraverso il suo racconto della Passione. Attraverso i Suoi segni, i Suoi miracoli e le Sue parole, Gesù dimostra il proprio potere, ma accettando la volontà del Padre ridefinisce il potere stesso. Cristo permette di essere assoggettato alle autorità perché sa che l'unico vero potere e l'unica vera gloria risiedono nel seguire la volontà del Padre.

Ufficio comunicazioni socialiTrivento, 15 aprile 2019

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