Commento al Vangelo
Domenica 12 ottobre
Liturgia: 2Re 5,14-17 Sal 97 2Tm 2,8-13 Lc 17,11-19
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!».
I dieci lebbrosi rappresentano l'umanità intera; ognuno di noi è in quel gruppo. Tutti malati gravi, in un modo o nell'altro; tutti guariti da Gesù che va verso Gerusalemme a dare la vita per tutti. Chi si rende conto del dono ricevuto, torna da Gesù per ringraziarlo della salvezza: questa è l'Eucaristia che poi rinvia agli altri perché tutti possano vivere in comunione con il Padre e con i fratelli.
In poche righe dieci verbi di movimento, e otto scene diverse. È un cammino di tutti: di Gesù verso Gerusalemme, dei lebbrosi verso di lui, dei lebbrosi verso i sacerdoti, di quello samaritano di nuovo verso Gesù, dello stesso da Gesù verso tutti.
I lebbrosi non solo vengono guariti da Gesù, ma anche purificati. Guarigione e purificazione sono due cose diverse. Se il malato si scopre guarito, deve presentarsi ai sacerdoti, che ne attestano la guarigione e compiono la purificazione per lui. Qui la purificazione avviene prima dell'incontro con i sacerdoti. L'incontro con Gesù è la fonte della purificazione. Dell'ultimo si dice non solo che è stato purificato, ma anche che è stato salvato. La guarigione è un miracolo; per la salvezza occorre la fede.
I malati alzano la voce e supplicano Gesù di avere misericordia. E siamo liberi di ringraziarlo per il dono della purificazione (ogni cristiano la riceve nel battesimo). I lebbrosi sono, nella società di quei tempi, i più poveri tra i poveri, perché alla malattia aggiungono l'emarginazione, la solitudine forzata; anche ai tempi di San Francesco; anche ai giorni nostri.
Due parole forti: il comando di Gesù ai dieci lebbrosi ("Andate a presentarvi ai sacerdoti") come se la guarigione fosse già avvenuta nel fatto stesso di aver incontrato Gesù e di averlo supplicato. La seconda parola forte di Gesù è al Samaritano che torna a ringraziarlo: "Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato". La liberazione si compie quando si ringrazia perché si è stati risanati. Il ringraziamento – l'Eucarestia! – è salvezza.
Il lebbroso samaritano, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio: è il punto più importante di questo vangelo, accorgersi di essere stati amati e desiderare di stare col Signore. È il senso dell'Eucarestia: rendersi conto di essere dei lebbrosi guariti. A tenere insieme i dieci lebbrosi è la comune malattia. Poi viene fuori la differenza, al momento del ringraziamento, quando ci si rende conto che c'è qualcosa più importante della salute, la relazione con Gesù e il fare strada con lui, verso Gerusalemme.
Fra i dieci guariti, solo lo straniero, il samaritano, ritorna da Gesù. Perché uno solo? È un mistero; se lo chiede anche Gesù. Certo è un avvertimento a Israele e ad ognuno – anche oggi, nella Chiesa – a non considerare la salvezza un possesso; essa è – innanzitutto – consapevolezza di essere stati salvati; è sguardo su noi stessi e vederci guariti da Dio e per questo ringraziarlo. La lebbra univa i dieci; dopo la comune guarigione, però, vien fuori la differenza: uno sente il bisogno di riavvicinarsi a Gesù. Tutti siamo salvati, la Chiesa è la sposa che ringrazia. E il Signore continua a cercare ancora gli altri nove che ancora mancano.
È la sola volta che un discepolo chiama Gesù "Maestro"; prima e ancor più della guarigione, il grido è "Abbi pietà di noi!", la preghiera essenziale, il farmaco salva-vita. E il ringraziamento è l'esaltazione perenne, il canto della sposa che onora lo Sposo. Il samaritano che torna indietro, solo fra i dieci, è colui che si è reso conto che c'è una cosa più importante della salute, la relazione con Gesù e l'andargli dietro, da discepolo, fino a Gerusalemme. La malattia serve ad alzare la voce, fino al grido, e supplicare da Gesù misericordia: "Signore, pietà"!
Gesù è il segno per portare il lebbroso alla paternità di Dio. Più che la guarigione, il lebbroso, che era tentato a non credere più, scopre che il vero volto di Dio è quello di un Padre che ama, è visibile in Gesù, il figlio messia e Cristo, inviato a liberare, guarire e salvare, anche dalla morte, l'ultima malattia.
Mons Angelo Sceppacerca12 ottobre 2025