Commento al Vangelo
Domenica 19 ottobre
Liturgia: Es 17, 8-13; Sal 120; 2Tm 3, 14-4, 2; Lc 18, 1-8
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: "Fammi giustizia contro il mio avversario". Per un po' di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: "Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi"». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
La vedova è l'ultimo anello, allora e ancora oggi in molte parti. Non possiede nulla, senza diritti e senza protezione, proprietà del marito e senza di questi non ha più alcuna fonte di sostentamento. Le strade dell'India, e non solo, sono piene di vedove che chiedono l'elemosina per sopravvivere, quando non scampano alla terribile usanza di doversi gettare nel rogo in cui arde la salma del marito. Pur non avendo nulla, la vedova del vangelo non è rassegnata al suo destino; ha coraggio e fame di giustizia. E la troverà.
L'argomento non è la vedova che importuna un giudice (sarebbe un titolo da prima pagina!), né il giudice che si decide a rispondere alla giusta supplica di quella donna (sarebbe comunque una bella notizia). Qui si parla della necessità di pregare sempre. Gesù insegna che la preghiera, per essere efficace, deve essere perseverante e piena di fiducia. Se perfino un giudice disonesto, alla fine si deciderà a rispondere ad una vedova seccante e invadente, a maggior ragione Dio ci ascolterà se lo cerchiamo senza stancarci.
Il protagonista della parabola è Dio, non la vedova; lui è il giudice onesto, pronto a fare giustizia ai suoi eletti. La sete di giustizia e il desiderio del bene che si vede sconfitto, percorrono tutto questo vangelo. Che Dio faccia giustizia nella storia è certo, quello che manca, è "la fede sulla terra".
"Sempre",è la risposta alla domanda: "Quante volte pregare?". Come l'amore, la preghiera è oltre il calcolo e non consiste nel moltiplicare le parole. Dove ci sono uomini e donne capaci d'amore trovi anche questa preghiera incessante, sia in Oriente che in Occidente. Conosco monache e monaci che tendono con tutto il loro essere a vivere sempre al cospetto di Dio. Un grado di vita spirituale proponibile e possibile a tutti, non solo a quelli che fanno professione esplicita di vita monastica. Se continuo è il desiderio di Dio, ininterrotta è pure la preghiera. Il desiderio di Dio resta vivo, anche mentre si fanno altre cose che sono pur sempre la sua volontà.
Gesù pregava sempre: di giorno, sul far della sera, al mattino presto e a volte per l'intera notte. La preghiera come trama del tempo, ma anche come tempo speciale, riservato. I cristiani hanno un giorno singolare per la celebrazione e la preghiera, la domenica, tempo comandato per il riposo e la fraternità.
Così pregava Agostino: "Giunga a te la mia preghiera che guizza come saetta dal desiderio che nutro per i tuoi beni eterni. Io la innalzo al tuo orecchio: aiutala, affinché ti raggiunga e non venga meno a metà della sua corsa, né ricada a terra o vada perduta. Anche se per ora non mi vedo arrivare i beni che chiedo, sono tranquillo, perché so che verranno più tardi".
La relazione tra Dio e i discepoli di Gesù è a immagine e imitazione della comunione tra il Padre e il Figlio. Due grandezze incommensurabili, avvicinabili a patto di una preghiera instancabile e continua. Da qui la pagina di vangelo che inizia con la povera vedova che chiede giustizia e che si chiude col mendicante cieco che invoca misericordia.
Non stancarsi di pregare, neppure davanti ad un'evidente sordità di Dio, significa non cedere all'amarezza di sentirsi inutili e pensare che non siamo ascoltati ed esauditi dal Signore. La figura della misera vedova (una donna sola, una nuzialità perduta, povera, oppressa da un avversario iniquo) e del giudice che non ha riguardo neppure di Dio è cruda e perciò efficace a capire che si tratta di una vera richiesta di salvezza, impossibile all'uomo. Gesù non solo dice che Dio risponderà al grido, ma che lo farà "subito": questo è il tempo della salvezza. Se la domanda è una implorazione dolorosa, la risposta viene in fretta, contemporanea al respiro del cristiano.
Non è detto quale sia il contenuto della supplica della vedova, l'oggetto della sua richiesta di giustizia. Quello che conta è capire che l'avversario è il male e che la giustizia sarà la vittoria sull'antico nemico. Gesù sta andando a Gerusalemme; lì si compirà la salvezza – a Pasqua – la vincita della vita sulla morte.
La preghiera di essere liberati dal nemico ricorda il Padre Nostro. E pregare senza stancarsi è innanzitutto una disposizione dell'animo, un incoraggiamento a mostrare vicinanza a tante esperienze della nostra vita e ad avere uno sguardo di tenerezza nei confronti degli uomini. Vedova è la donna senza lo sposo, manca della sua parte e soffre. La richiesta "fammi giustizia del mio avversario", è come dire "liberami dal male", la domanda fondamentale del Padre nostro. La risposta pronta di Dio è il suo Regno, in mezzo a noi, dentro di noi. È provare lo stesso desiderio che il Signore ha verso di me. È questa la grande dignità della preghiera.
La vedova insiste tenacemente; gli eletti del Signore "gridano giorno e notte verso di lui". Anche noi, ogni giorno, iniziamo le "ore" della preghiera cristiana con le parole del Salmo: "Dio vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto". La fede ci insegna che la preghiera è sempre accontentata e soddisfatta da Dio, per amore e in risposta alla fede della sua sposa. Questo è l'animo che Dio vorrebbe trovare alla fine dei giorni.
Mons Angelo Sceppacerca19 ottobre 2025