Quando le parole non hanno più alcun senso, se non il senso di un’equivoca contraddizione. | Diocesi di Trivento

Riflessioni

Quando le parole non hanno più alcun senso, se non il senso di un’equivoca contraddizione.

Leggo da un comunicato Ansa del 19 gennaio: Eluana, se ci viene chiesto la accogliamo. La presidente del Piemonte Mercedes Bresso si è detta disposta ad accogliere Eluana in una struttura pubblica. Se ci viene richiesto, noi siamo disposti. Ovviamente in strutture pubbliche - ha aggiunto Bresso - perché quelle private sono sotto scacco del ministro".

E mi chiedo. se anche per gli altri malati (p. es. i disabili mentali) e per gli stranieri noi usiamo la stessa accoglienza proposta dalla signora Mercedes, cosa diventerebbe la nostra nazione?

Accogliere che significa? Alcuni gruppi ecclesiali richiedono il ministero dell’accoglienza che abbia come caratteristiche: apertura umana, cristiana, carismatica, affabilità, pazienza, delicatezza, riservatezza, qualità tutte atte a dimostrare il cuore aperto, che dimostrino il cuore di Dio

Invece la signora Bresso vuole accogliere sì, ma per far morire e qui non ci siamo.

Spieghiamo l’equivoco con una barzelletta: due fidanzati parlano del loro amore, la fidanzata chiede “mi ami?”, il fidanzato risponde “certo che ti amo!”; la fidanzata insiste “mi ami davvero, ma quanto mi ami?”, il fidanzato conferma “ti amo tanto, tanto!”; la fidanzata ribatte “si, mi ami tanto, ma proprio tanto, ma quanto?”, il fidanzato le giura “ma lo vuoi capire che ti amo tanto, tanto da…morire!”; la fidanzata conclude “sì, allora va bene... ma sempre tu prima di me!”

Il nuovo rito del matrimonio ha modificato la frase “io prendo te, come mio sposo…” in “accolgo te, come mio sposo…” proprio per stare ad indicare che “L’accoglienza è virtù che dona significato alla presenza dell’altro/Altro da sé. Si tratta, dunque, di una “scelta comprensiva”, capace di valorizzare il reciproco oggettivo significato di sé e dell’altro: è, pertanto una com-presenza. L’accoglienza che com-prende, attua in pieno la reciproca oggettività senza però reciproca invasione”.

Dopo il comunicato c’è da suggerire allora ai liturgisti di ritornare al meno equivoco “prendo te, come mio sposo”.

Purtroppo la Governatrice del Piemonte, forse ebra di potere, ha imparato dagli imperatori romani: questi i loro nemici li invitavano a pranzo e poi al termine, dopo portate luculliane e abbondanti libagioni, dal soffitto facevano cadere colorati petali di rose e profumate essenze narcotizzanti ed era il segna perchè il carnefice imperiale potesse completare (!) l’opera.

“Accoglimi, Signore, perdonami e infondi in me il tuo Spirito d'amore,
che apra i miei occhi per riconoscere negli altri la tua persona
e fa’ che io renda quotidiano ogni gesto semplice e generoso
affinché io offra loro la gioia di sentirsi amati da Te”.

Don Mimì Fazioli

di don Mimì FazioliTrivento (CB), 21 gennaio 2009

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