Mons. Casile traccia il bilancio dei primi 14 anni di attività del Progetto Policoro | Diocesi di Trivento

I Progetti

Mons. Casile traccia il bilancio dei primi 14 anni di attività del Progetto Policoro

Mons. Casile traccia il bilancio dei primi 14 anni di attività del Progetto PolicoroAVVENIRE, in occasione dell’incontro degli animatori di comunità a Campobasso, ha riportato la seguente intervista di Mimmo Muolo a mons. Casile, direttore dell’Ufficio nazionale della C. E. I. per i problemi sociali e del lavoro. Questi ha tracciato il bilancio dei primi 14 anni di attività della rete promossa da don Operti, che ha permesso la nascita di 400 imprese meridionali.

Chiesa e Sud Policoro, il progetto che fa germogliare la speranza
Progetto Policoro. Da sogno a realtà radicata nella maggior parte delle dioce­si del Mezzogiorno. In 14 anni di attività l’iniziativa della Chiesa i­taliana, nata per rendere i giova­ni del Sud protagonisti dello svi­luppo della loro terra, ha pro­mosso la nascita di oltre 400 e­sperienze lavorative (consorzi, cooperative e imprese), che dan­no lavoro a tremila persone. Ma soprattutto, come fa notare mon­signor Angelo Casile, «il Progetto è un segno di speranza, il più bril­lante esempio di quello che, par­tendo dal livello spirituale e cul­turale, si può ottenere anche sul piano sociale ed economico». Don Casile, direttore dell’Ufficio nazionale della Cei per i proble­mi sociali e il lavoro, è in questi giorni a Campobasso, dove è ini­ziato mercoledì (e si concluderà domenica) il Corso per gli «ani­matori di comunità» del Proget­to (120 in questa tornata, tra i quali ci sono anche tre giovani che attualmente lavorano a L’A­quila, al centro della Caritas che coordina l’arrivo degli aiuti). Un appuntamento, dunque, quello in terra molisana, che serve anche a fare il punto su questi 14 anni.

Monsignor Casile, come defini­rebbe oggi il Progetto Policoro?
Un sogno realizzato. Ricordiamo infatti che l’idea iniziale, il sogno appunto, fu di don Mario Oper­ti, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale del lavoro, purtroppo prematuramente scomparso. Oggi quel sogno è diventato un’i­dea che si organizza, diviene im­presa e fa germogliare la speran­za, come i numeri stanno lì a di­mostrare.

Quali sono, in sintesi, gli ele­menti fondamentali del Proget­to?
Innanzitutto puntare a rendere i giovani del Sud, spesso vittime della rassegnazione, della vio­lenza e dello sfruttamento, au­tentici protagonisti del rinnova­mento, cioè costruttori di una nuova società. Il Progetto, infat­ti, si caratterizza per la capacità di innestare nella vita del giova­ne un processo virtuoso, che par­te dall’annuncio del Vangelo, passa attraverso un impegno di formazione culturale e culmina nella capacità di mettersi insie­me per realizzare gesti concreti di solidarietà e rapporti di recipro­cità.

Quali sono gli agenti di questo percorso?
L’intuizione fondamentale del Progetto è la collaborazione tra soggetti diversi per un unico im­pegno: l’evangelizzazione. Di qui discende un lavoro di sinergia fra uffici diversi (l’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro, il Servizio nazionale di pastorale giovanile e la Caritas italiana) e il coinvolgimento delle associazio­ni laicali che ispirano il proprio agire alla Dottrina sociale della Chiesa (Gioc, Movimento lavora­tori di Azione cattolica, Acli, Conf­cooperative - Inecoop, Coldiret­ti, Cisl, Banche di credito coope­rativo, Ucid). In tal modo la so­cietà civile viene animata e resa protagonista a partire dalla base.

Qual è dunque il rapporto tra Progetto Policoro ed evangeliz­zazione?
Il Progetto è un piccolo segno che si spinge sulle frontiere avanza­te dell’evangelizzazione: disoc­cupazione, usura, minori sfrut­tati, disabili, lavoro nero. In que­sti luoghi, dove la dignità delle persone è calpestata, il Vangelo realizza il cambiamento, libera dall’oppressione, conduce nella direzione e della speranza. Non a caso il Corso di questi giorni è caratterizzato dalla presentazio­ne dell’icona della Trinità di Ru­blev, perché il nostro impegno di evangelizzazione attinga a piene mani al mistero della Trinità, co­me comunione, relazione, parte­cipazione e missione. Inoltre stia­mo facendo riferimento a testi­moni come sant’Arcangelo Tadi­ni, un sacerdote che tra ’800 e ’900 seppe recare il fermento del Vangelo nel mondo del lavoro e a figure come don Luigi Sturzo e Giulio Pastore, impegnate per lo sviluppo del Sud.

Che cosa si augura per il futuro del Progetto?
Questo è un dono. A tutti noi re­sta il compito di custodirlo per­ché continui a essere per la no­stre Chiese accoglienza e profe­zia del nuovo che emerge all’o­rizzonte del Mezzogiorno per l’intero Paese.AvvenireCampobasso, 19 maggio 2009

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