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Dal laboratorio la prima cellula che si riproduce

Dal laboratorio la prima cellula
che si riproduce

Costruita in laboratorio la prima cellula artificiale, in grado di dividersi e autoreplicarsi come ogni cellula vivente. La realizzazione è frutto della ricerca di Craig Venter, uno dei decodificatori del genoma umano, che da anni persegue l’obiettivo di ottenere la «vita artificiale». Il risultato ottenuto da Venter, pubblicato sulla rivista «Science», è «sicuramente un eccellente lavoro di bioingegneria – commenta il genetista Bruno Dallapiccola – ma non dobbiamo pensare alla vita come comunemente la si intende, di organismi interi, quanto della possibilità di organizzare una cellula in grado di produrre copie di sé». Anche se lo stesso Venter afferma che si tratta di una «cellula che cambia la definizione di ciò che si intende per vita. Questa è la prima specie auto-replicante esistente sul pianeta Terra il cui padre è un computer». Padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, ha detto prudente: «Aspettiamo di saperne di più»

La sfida della «vita artificiale» è una sfida che lo scienziato-imprenditore Craig Venter persegue da anni. Le tappe più significative che lo hanno portato al risultato odierno passano dalla formazione del primo cromosoma artificiale (nel 2007) e nel 2009 il trapianto di genoma da un batterio a un altro. E ora il gruppo, coordinato da Daniel Gibson, è riuscito a combinare i due risultati, assemblando i risultati. «Bisogna intendersi – sottolinea Dallapiccola –.

Si tratta di un risultato che apre prospettive affascinanti, ma non si deve pensare alla “creazione” della vita, qualcosa che dà origine a un organismo intero. Il gruppo di Venter era già riuscito a individuare il numero minimo di messaggi necessari per ottenere la divisione del cromosoma, ora è giunto ad assemblare come un mosaico diversi pezzi di Dna per dare origine a una cellula artificiale, capace di dividersi e replicarsi». Si tratta di ricerche che possono avere una certa utilità: «Lo scopo di Venter, scienziato sempre attento agli aspetti commerciali delle sue scoperte – continua Dallapiccola – è di ottenere qualcosa di utile. Se si riesce a orientare i messaggi delle cellule verso qualcosa di specifico, si può pensare di ottenere per esempio batteri in grado di bonificare l’ambiente dal petrolio, o che abbiano attività farmacologica. Tenuto presente che siamo ben lungi dall’ipotizzare vita come organismi pluricellulari, si tratta di un annuncio importante e in un certo senso rivoluzionario».

Lorenzo D’Avack, vicepresidente del Comitato nazionale per la bioetica (Cnb), aggiunge una riflessione etica: «Se la finalità è verso la salute dell’ambiente, è un fatto molto importante dal punto di vista scientifico. Viceversa se la finalità fosse quella di arrivare all’uomo artificiale sarebbe invece un fatto condannabile». Anche il presidente onorario del Cnb, Francesco D’Agostino, osserva che l’esperimento «va bene se è orientato da un forte paradigma etico verso il bene dell’uomo».

Avvenire21 maggio 2010

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