NewsCivitanova e le Missioni.Civitanova del Sannio, una comunità che coltiva da sempre un grande amore per le Missioni, quello vero e che non muore mai.Cambiano i parroci, ma il fuoco è sempre lì, bene acceso, vivo, luminoso. Don Vincenzo Saulino fu uno dei primi fuochisti, sotto la sua paterna guida sorsero due splendide vocazioni: padre Fiorante e padre Spugnardi; Don Antonio Battista tenne legami strettissimi con loro e ne ha valorizzato il prezioso lavoro missionario e la preziosa testimonianza del martirio di padre Fiorante; Don Antonio Mascia ha contagiato tutti con il suo fervore e amore per l'Africa; Don Gigino Primiano si adopera generosamente perché questo spirito missionario, lungo ormai quasi un secolo, cresca e si fortifichi sempre di più.Riceviamo e pubblichiamo qui sul nostro sito 3 documenti che testimoniano la sensibilità che questo nostro paese diocesano mostra nei riguardi del lavoro dei missionariSommario Lettera dall'Africa Veglia Missionaria: Padre Aldo e i suoi 30 anni di Etiopia "Il mal d'Africa", però... quello buono!Lettera dall'AfricaCarissimi amici di Civitanova,insieme ai bambini ed ai ragazzi di Komanvogliamo dirvi di tutto cuore:GRAZIE!!!! Grazie per la vostra generosità e per la vostra sensibilità nell'aiutarci a portare avanti l'opera che il Signore ci dona di compiere in questo villaggio in terra di missione. La vostra sostanziosa offerta servirà proprio ad aiutare i nostri bambini a crescere non solo in "altezza"... ma anche nella mente e nel cuore. Questi soldi frutto del vostro lavoro e di vostri sacrifici sono arrivati nel momento giusto! Infatti dobbiamo provvedere a nuovi colori, album, ed attrezzi da gioco.Il Signore ricolmi voi e le vostre famiglie di ogni bene e di tanta pace. Grazie... e per dirlo in albanese:FALENMINDERTI!Sr. Gelsomina, sr. Rosa, sr. Nina"Sorelle Francescane della Carità"Veglia Missionaria: Padre Aldo e i suoi 30 anni di Etiopia.Dopo un bel periodo di catechesi in preparazione alla Cresima, abbiamo voluto concludere questo momento con una bella veglia missionaria proprio in questo mese di ottobre in cui la chiesa ci fa ricordare la bellezza e l'importanza della missione. La veglia animata da noi ragazzi è stata celebrata in chiesa madre dove abbiamo visto coinvolta la nostra comunità tra cui i nostri genitori. Civitanova è stata sempre attenta a questo tema e ha l'onore di aver dato i natali a due grandi Missionari: padre Antonio Fiorante e padre Antonio Spugnardi, due uomini eccezionali che hanno dato la loro vita per la missione e che adesso certamente gioiscono della visione eterna di Dio. Accompagnati dal coro parrocchiale abbiamo iniziato la funzione intonando gioiosi canti per invocare lo Spirito Santo.Durante il canto, partendo dal fondo della chiesa è stato portato all'altare il Vangelo, quella buona notizia che ogni uomo è chiamato ad annunziare. La veglia è proseguita con preghiere spontanee fatte da noi cresimandi, nelle quali abbiamo espresso le nostre riflessioni, le nostre richieste di aiuto per noi, per le nostre famiglie, per la comunità di Civitanova e soprattutto per quelle terre dove oggi si muore ancora per guerra e fame. A questo punto siamo stati tutti rapiti dalle parole di Padre Aldo, missionario,uomo dalla personalità forte e soprattutto concreta che ha saputo renderci partecipi della sua straordinaria esperienza in Africa attraverso aneddoti, a volte anche umoristici, dei suoi trent'anni in un paese martoriato da guerre e povertà ma pur sempre orgoglioso delle sue tradizioni e ricco del bene più prezioso: l'umanità. Da questa esperienza forte ma bella noi ragazzi ci siamo sentiti particolarmente toccati e in noi è nato quasi il desiderio di visitare quelle terre, per vivere con quella gente l'essenziale. Chissà che un giorno non troppo lontano qualcuno di noi possa partire. Così con l'ascolto di questa fantastica testimonianza si è conclusa la veglia, un'anteprima del "nostro film": LA CRESIMA.Un grazie a padre Aldo che con tanta semplicità è riuscito a toccare il nostro cuore e la nostra vita, spesso appesantita da tanta banalità.Luciana Vitullo"Il mal d'Africa", però... quello buono!Ho sempre guardato con curiosità e ammirazione coloro che hanno il coraggio e la determinazione nel partire per offrire il loro aiuto in paesi lontani e meno fortunati del nostro. Ora posso dire di aver avuto anche io la fortuna di avvicinarmi ad un mondo "nuovo", diverso, ma, nonostante la sua estrema complessità, assolutamente semplice, comprendendo, almeno in parte, le condizioni di vita delle popolazioni del "Terzo Mondo" e le modalità dell'intervento sanitario in assenza delle risorse necessarie.Nel mese di Maggio di quest'anno mi è stata data la possibilità di partecipare ad un progetto umanitario a Fontem, un villaggio nel cuore del Camerun, che ha visto anche la preziosa partecipazione del dottor Mario Palazzo. Ho trascorso parte del mio tempo nell'ospedale del villaggio con medici e infermieri, che ogni giorno si dedicano completamente agli altri, rinunciando ad ogni forma di benessere, seguendo soltanto la via della solidarietà, dell'altruismo, della carità. È stata sicuramente un'esperienza "forte" e impegnativa, che, cambiando il mio modo di vedere le cose e di affrontare la vita in tutte le sue gioie e difficoltà, mi ha insegnato molto.A distanza di mesi, faccio ancora fatica a dare una risposta esauriente a chi mi chiede come è andata , suscitando in me il ricordo di luoghi in cui tutto è difficile e necessario, in cui ogni piccolo gesto di solidarietà, anche quello che per noi potrebbe essere il più insignificante, viene fortemente apprezzato e in cui si respira, se pur nella sofferenza, tanto amore. Credo che l'unico modo per cogliere la realtà dei fatti sia quello di andarci di persona; né le parole, né le immagini possono bastare.Ricordo il mio primo giorno a Fontem; quando sono arrivata, dopo un lungo e faticoso viaggio nel cuore della foresta, che, però, non ha spento in me la curiosità e la voglia di fare e di aiutare, mi sono resa conto di quanto quella fosse una realtà completamente diversa dalla nostra. Ricordo bambini camminare scalzi per le "vie" spoglie del villaggio senza una meta precisa e altri arrampicarsi su file interminabili di alberi di banano, papaya, ananas, strade trasformarsi in mercato, dove si vendevano prodotti locali, dagli arachidi alle bevande fatte in casa, per poche monete. " White man and white woman"; erano queste le parole spesso pronunciate dai bambini che ci vedevano per la prima volta e che ci rincorrevano, abbracciavano, saltavano addosso, per avere in cambio una semplice caramella; erano quelli i momenti in cui mi capitava di pensare a quanto fosse complessa quella realtà: se per le strade, ad esempio, bastava così poco per regalare un sorriso ad un bambino, in ospedale, a volte, ti sentivi impotente e piccolo di fronte alla complessità delle situazioni che ti si presentavano.Sono tanti gli aspetti di cui sono rimasta affascinata. Innanzitutto, a differenza del mondo in cui noi oggi viviamo immersi nel delirio del fare e in cui ci risulta impossibile ritagliarci dei momenti per ragionare, l'Africa ti offre la possibilità di fermarti a riflettere, non solo su ciò che accade, ma sul senso del nostro agire, su cosa siamo disposti a fare per sentirci migliori. Ti offre la possibilità di vivere il valore della relazione con gli altri, la gioia di sedersi e parlare (nonostante la difficoltà della lingua), la bellezza di apprezzare ogni cosa, anche la più umile e di ragionare sul valore della vita.È questo forse il vero motivo di riflessione in un paese in cui basta una malattia infettiva, perfettamente curabile nei paesi occidentali, o un'infezione per le precarie condizioni igienico-sanitarie a rendere la morte un fatto così comune da non poterlo considerare slegato dalla vita, ma parte integrante di essa. Una volta immersi in quella realtà, l'unica cosa che sembra caratterizzare le attività quotidiane è la determinazione di non lasciarsi vivere, ma di afferrare il tempo e di sfruttarlo attivamente nel miglior modo possibile, per rendere migliore la vita di qualcun altro.Essere disposti a rimetterci qualcosa, che alla fine vale molto meno di ciò che si sta imparando; è questo lo spirito giusto per affrontare le mille difficoltà che ti si presentano.Non nego, infatti, la nostalgia, la paura e l'ansia, che più volte si sono presentate e che sono riuscita a superare guardando l'impegno e il coraggio dei volontari che hanno scelto di stabilirsi in quelle terre e che ci sono stati sempre vicini, offrendoci un valido e visibile esempio di amore incondizionato. È a tutti loro, e in particolare a Mario, che va un grande ringraziamento per avermi dato la possibilità di vivere un'esperienza così significativa, da cui ho imparato molto e che spero di poter un giorno rivivere. Amalia SantangeloCivitanova del Sannio (IS), 29 novembre 2010Condividi pagina