Secondo anniversario della morte di mons. Antonio Cerrone | Diocesi di Trivento

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Secondo anniversario della morte di mons. Antonio Cerrone

Secondo anniversario della morte di mons. Antonio Cerrone

Il venti giugno prossimo ricorrerà il secondo anniversario dalla morte del caro e indimenticato monsignore Antonio Cerrone, parroco emerito della Cattedrale di Trivento e, per trenta anni, vicario generale della Diocesi di Trivento.
Ci sono persone che lasciano una orma così debole dietro di loro che solo pochi mesi dalla loro morte questa svanisce, come nebbia al primo sole del mattino. Ma ci sono personalità di grande temperamento che più il tempo passa e più le loro parole e le loro imprese restano impresse nella mente e nel cuore di chi le ha conosciute e frequentate, tanto da sembrare il loro ricordo come le impronte di autentici dinosauri, scolpite sulla pietra della stabile memoria e della gratitudine imperitura.
Chi di noi non sente ancora il tepore dell'abbraccio della sua parola calda e forte? A quanti di noi ha tante volte ripetuto: "Giovanotto, adora sempre e ama tanto Gesù! Ricordati di venerare laMadonna e di metterti sotto il manto e la protezione della Vergine Santa!"?
Ci ricordiamo, con nostalgia e rimpianto, di don Antonio perché era un sacerdote molto buono, perché c'era qualcosa di speciale nel suo essere prete di Cristo. La sua messa incantava, le sue parole scendevano diritte al cuore, incidevano sulla coscienza: le sue non erano certo quelle prediche che siamo soliti ascoltare! Don Antonio quando predicava calamitava così forte l'attenzione di tutti, anche per più di mezz'ora, senza mai lasciar dormire nessuno, e si capiva subito che aveva una fede robustissima e una parola bella e suadente, perché era lui un vero appassionato di Gesù e della sua Chiesa, incapace di compromessi.

Il suo modo di incontrare le persone era sempre sereno e semplice, il visitare le persone ammalate, siano anziani o giovani, era impegno costante. Mi rimane ancora impresso il saluto che i triventini davano a don Antonio quando passava levandosi con rispetto il cappello e chinando la testa.

Il giorno che mi presentò ai fedeli della parrocchia della Cattedrale, durante la predica, ricordandomi di essere stato suo alunno nel Seminario, mi esortò ad essere più fiero del solito del mio sacerdozio, contento di appartenere a Cristo, di prolungare la Sua vita nel mio sacerdozio, di consumarmi per Lui e per le anime... , mentre ai ragazzi del catechismo parrocchiale diceva: "anche voi dovete vivere e spendere la vita per Gesù, per la Chiesa, per le anime. Qualcuno di voi – anzi spero molti di voi - deve sentire la sua voce: "Vieni e seguimi" e farsi sacerdote. Io l'ho ascoltato, l'ho seguito, e sono qui, a portare la sua Croce, come sacerdote, oggi anche nella malattia, ma sempre a fronte alta, con il suo Nome sulla fronte, domani, lo spero, nella vita eterna. Ecco, è lassù che dobbiamo arrivare tutti". E, veramente, uno di quei ragazzi Simone iocca, oggi è alunno in Seminario Regionale a Chieti!

Conosceva bene gli errori che circolano nel mondo e, nel suo alto e dotto insegnamento, li confutava, proponeva e spiegava la Verità tutta intera del dogma cattolico. Aveva lavorato a fondo in mezzo alla gioventù: "All'Azione Cattolica, - confidò un giorno - oltre che alla mia famiglia e al mio Seminario, devo la mia formazione spirituale, tutto ciò non lo potrò mai dimenticare, perché è diventato come una necessità del mio vivere, una legge del mio operare". Dunque la vita e il sacerdozio vissuti come culto a Dio e impegno a tempo pieno per condurre le anime a Lui e radicare Cristonelle coscienze e nella società. Mons. Cerrone è stato anche predicatore di missioni al popolo e di ritiri spirituali a diverse categorie di persone: quando parlava, nessuno aveva modo di distrarsi e la sua parola era viva, immediata, persuasiva, apologia della fede e della Chiesa, conquista di cuori e vite a Gesù Cristo, proposta sincera di modelli di vita spirituale, ai quali era lui il primo a guardare per imitarli, per ispirarsi: San Paolo, S. Giovanni Bosco, Luigi Grignon de Montfort, Santa Teresa di Gesù, don Alberione...

Quando dettava la meditazione a noi sacerdoti, durante i ritiri mensili, ci stimolava vigorosamente e ci incoraggiava costantemente, mentre ci metteva in guardia perché, come figli di questa povera generazione, ammalata e distratta, superficiale e nervosa... pur se in possesso, in genere, di magnifiche doti esterne, ci potrebbe capitare di essere carenti della vera anima sacerdotale, cioè di dimenticare la verità fondamentale, la verità espressa da Gesù con le parole: "Chi è unito a me, produce molto frutto". Ora l'unione vitale e abituale a Cristo si attua prima di tutto per mezzo dello spirito di orazione e di preghiera. "I sacerdoti che lasciano solchi profondi nelle anime" sottolineava con convinto ardore "sono ancora e sempre quelli che conoscono le ore di intimità con Dio e non quelli che si danno arie di modernità e credono di rinnovare il mondo solo perché sono vanitosi, presuntuosi e gonfi di se stessi".
Mons. Cerrone è stato il sacerdote della Madonna e dell'Eucaristia, e gli anni del post-Concilio lo hanno visto sempre al suo posto, senza mai cedere alle mode correnti, sicuro che quando viene meno una sola Verità del Credo e della Morale cattolica, tutto, presto, si disgrega e grande è la rovina. I suoi colloqui privati e i pubblici discorsi erano sempre quelli da vero sacerdote, cioè di colui che si offre a Dio, conduce a Dio e dona Dio, con tutto quanto comporta nel ministero più autentico: nella preghiera, nell'intimità con Gesù, nella disponibilità per le confessioni e nella direzione spirituale, nella lotta contro il peccato e contro gli errori delle ideologie contemporanee del laicismo, dell'ateismo, del modernismo (oggi camuffato), della negazione di Dio sotto ogni forma, nella predicazione e nella difesa della Verità immutabile. Proprio di questo abbiamo ancora bisogno noi oggi, poveri cristiani allibiti e sempre più sconcertati di quanto vediamo e sentiamo, lasciati troppo spesso in balia del dubbio e dell'errore, come se non avessimo più un'anima da salvare, l'Inferno da evitare, il Paradiso da raggiungere.

Al centro della sua azione sacerdotale rimane quanto ha lasciato con semplicità e chiarezza nella sua quotidiana missione pastorale, quel suo insegnamento forse scomodo, che puntava ad un Cattolicesimo non facile, ma forte e felice, è l'unico che può rifare la storia ad immagine di Cristo. E mi pare di sentire ancora la sua voce inconfondibile, come una squilla, una angelica tromba, una chiamata che innamora e che scuote a ritrovare la propria identità cristiana e il gusto della vera vocazione: "... stringetevi attorno al Cristo Crocifisso, appellatevi al Cuore della sua Madre Addolorata, mettetevi sotto il suo manto misericordioso, con la forza dei Santi Martiri nostri Protettori, con la luce e la potenza dei nostri Santi, fino a spendere e a consumare la vita per Lui. Non temete, tutto passa, Gesù solo resta con la eredità redimita di spine e di gloria!".
E adesso cosa ci resta? Il suo bel ricordo, il ricordo di una persona cara, il suo grande esempio, le sue esortazioni che ci spingono ancora verso un ideale di una santità tutta da realizzare! Questo significa essere cristiani e aver capito la sua testimonianza: sapere che nella comunione dei Santi, dal seno del Padre, Don Antonio ci resta vicino con la sua preghiera e la sua benedizione per la nostra comunità parrocchiale, cittadina e diocesana, che con tanto amore egli ha saputo servire e guidare.
Don Antonio, poi, ci ha solo passato il "testimone".

L'edificazione di questa comunità, per la quale egli si è donato anima e corpo, ora è compito nostro, e disattenderla sarebbe oltre che tradire il Signore, tradire anche lui. Possono sorgere molte difficoltà nella vita, ma nessuna può essere tale da lasciarci scoraggiare o da farci sentire meno cristiani, meno partecipi della vita ecclesiale. Invece quella Fede, quel coraggio, quell'entusiasmo che ci fanno essere Chiesa nascono dal dire il nostro "sì" momento per momento al Signore, quel "sì" che Don Antonio ha saputo dirgli sempre, ogni giorno, anche nella luna malattia e poi di fronte alla morte, e che il Signore ha fatto ora diventare un "sì" eterno.

don Mimì FazioliTrivento (CB), 15 giugno 2011

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