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Don Alessandro Porfirio
Don Alessandro Porfirio, parroco di Castropignano, è morto nel giorno di San Valentino, giornata datante persone banalmente vissuta nello scambio di regali più o meno significativi tra innamorati, mentre lui sì che era sinceramente e profondamente innamorato di Cristo, della Madonna e di fra Immacolato.
Egli era nato a Trivento il 18 febbraio 1938, era il primo di sette figli del signor Ferdinando e donna Saveria. A undici anni iniziò a frequentare gli studi medi e ginnasiali nel Seminario Vescovile di Trivento, agli inizi degli anni cinquanta, aveva iniziato nel 1954 gli studi liceali presso il Seminario Regionale di Chieti, completandoli poi in quello di Salerno, dove si distinse particolarmente per la vivacità dell’intelligenza, per il grande spirito di pietà e per la tanta buona volontà, durante tutto il corso degli studi teologici.
Fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1964, nella Cattedrale di Trivento, dall'arcivescovo di Lanciano mons. Pacifico Perantoni essendo già il vescovo diocesano mons. Crivellari minato dalla malattia mortale.
Nei primi mesi di sacerdozio, fino a dicembre di quell’anno, diede una mano in Curia, come aiuto cancelliere. Poi sostituì don Ruggero, reggente della parrocchia di Santa Maria della Pietà in Roccaspromonte, frazione di Castropignano, dopo che il vecchio parroco don Pasquale Lalli senior l’aveva lasciata. Ed è rimasto sempre a Roccaspromonte per oltre quarantanove anni e negli ultimi due anni e mezzo è stato anche chiamato dal Vescovo anchea ricoprire l’incarico di amministratore dei Castropignano, dopo la morte del compianto don Franco Lombardi.
Dicevano gli antichi: “E’ alla morte che si vede quando è grande un uomo, proprio come un albero quando è abbattuto”. E noi questo lo constatiamo ora che don Alessandro comincia a mancarci e, proprio ora, noi ci rendiamo conto di quanto grandi e rare erano la sua umiltà e la sua discrezione, la saggezza dei suoi consigli e la profondità della sua spiritualità.
Don Alessandro è stato l’esperto divulgatore della santità di fra Immacolato, tutto impregnato come egli era della spiritualità carmelitana, che traspariva durante i sempre interessanti colloquie dai suoi discorsi chiari e illuminanti. Per lui il comandamento nuovo dato da Cristo sull’amore non si poteva quantificare, era assoluto, perché esso deve inglobare tutta la nostra vita: i piccoli gesti e le grandi scelte, ciò che si prova nel segreto e ciò che si vive in pubblico, ciò che riguarda la sfera personale e ciò che coinvolge le nostre relazioni sociali. Egli è stato un uomo, un cristiano e un sacerdote tutto di un pezzo: tutte le sue parole, tutte le sue azioni, tutta la sua coscienza, tutta la sua volontà, tutta la sua intelligenza erano impregnati del suo generoso ed entusiastico sì detto a Cristo, senza mai essere macchiato né di banale mediocritàe neppure di vile perbenismo, ma tutto incontaminato e completo nella pienezza della carità.
Ma il segreto di tutta quella sua non comune forza morale, della sua ineguagliabile ed incisiva dolcezza di parola e della suaprofonda tenerezza nei colloqui lo attingeva abbondantemente dalle lunghe ore di preghiera, quelle ore passate nel costruendo Santuario della Madonna del Peschio, stupendamente gustate perché illuminavano e riscaldavano di soprannaturale ogni suo gesto, ogni sua relazione, ogni sua parola.
Per la sua umiltà, discrezione e saggezza, godeva l’incondizionata stima dei confratelli e dei superiori. Il più bel giudizio su di lui l’ho ascoltato, una volta, da mons. Santucci. Mi diceva più o meno così: “vedi, don Mimì, voi sacerdoti mi giudicate severo, burbero ed intransigente, però ricordati che io voglio bene a tutti voi più e meglio che a dei veri figli e tu sappi che quando penso a don Alessandro Porfirio mi viene in mente il versetto della Bibbia ‘Se vedi una persona saggia, va’ presto da lei; il tuo piede logori i gradini della sua porta’ (Sir 6,36)”.
Si avvicinava il settantaseiesimo suo compleanno, il 18 febbraio, e già si cominciava a parlare del suo cinquantesimo anniversario della prima messa, il primo luglio, ma lui, sempre schivo e discreto nelle sue cose personali, si scherniva e, sorridendo, invitava a pensare a cose più serie ed importanti.
E così in punta di piedi, in una luminosa mattinata di febbraio, è uscito dalla scena della vita terrena per festeggiare, in umiltà e santità, insieme agli amati genitori e ai compianti fratelli minori, Carlo ed Antonio, che già lo avevano preceduto nell’incontro con il divino Maestro.
In conclusione, si può ben dire che Don Alessandro ha insegnato a tutti noi a saper stare a contatto con Dio, per sentire la necessità del divino perdono, assicuratoci con il Sacrificio di Cristo, nostro Salvatore e Redentore, il quale continua a bussare alla porta del nostro cuore per regalarci le ricchezze della sua grazia e del suo amore.
Grazie don Alessandro per quanto di bello, di buon e di santo ci hai saputo insegnare.
Ufficio comunicazioni socialiTrivento (CB), 15 febbraio 2014