L'Omelia di S.E. Suriani nel giorno di San Giuseppe ad Agnone | Diocesi di Trivento

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L'Omelia di S.E. Suriani nel giorno di San Giuseppe ad Agnone

L'Omelia di S.E. Suriani nel giorno di San Giuseppe ad Agnone

Cara Eccellenza,
Carissimi Sacerdoti e fedeli tutti,
Ringrazio innanzitutto il Signore che mi dona la gioia di essere qui con voi questa sera. Un grazie sincero al Pastore di questa Diocesi, che ha voluto fraternamente invitarmi a presiedere questa solenne celebrazione in onore di San Giuseppe e a ricordo del Viaggio apostolico di Giovanni Paolo II, il 19 marzo 1995.
Faccio mie le parole pronunciate qui dal Papa 15 anni fa: “Sono felice di essere in mezzo a voi in questo antico Centro del Molise, che ha diffuso nel mondo messaggi di cultura e di fede, veicolati dal lavoro dei suoi figli e, in qualche modo, anche dal suono delle sue famose campane”.

Non vi nascondo l’emozione di essere ad Agnone in questa singolare circostanza. Infatti, per un disegno misterioso della Provvidenza, dopo aver iniziato il ministero sacerdotale non lontano da qui, a Fallo e Civitaluparella, sono stato chiamato a prestare il mio servizio sacerdotale alla Santa Sede e, in particolar modo, nelle Rappresentanze Pontificie. Questa nuova vocazione nella vocazione mi ha portato ad essere vicino al Papa anche fisicamente. Ho avuto più volte la gioia di salutarLo alla partenza e, momento molto familiare, al rientro dai Viaggi apostolici. Ricordo che, soprattutto quando era nel pieno delle sue forze, Giovanni Paolo II, tornando da un Viaggio apostolico, amava scendere nelle grotte vaticane e fermarsi lungamente in preghiera sulla tomba di San Pietro. Poi saliva al Cortile San Damaso e salutava tutti, uno per uno, ed in ultimo le guardie svizzere. Mi sono chiesto, nei tanti anni trascorsi in Segreteria di Stato, nella sezione per i Rapporti con gli Stati, che senso avessero i numerosi viaggi compiuti da Giovanni Paolo II. Ho potuto seguire da vicino l’impegnativo lavoro di preparazione di un viaggio. Quante persone sono coinvolte. Quanti organismi sono chiamati ad offrire il proprio contributo alla buona riuscita di tutto.

Ricordo il delicato viaggio a Cuba, il 21-26 gennaio 1998. Il mio Superiore di allora, oggi Cardinale, Jean-Louis Tauran, che era Ministro degli Esteri della Santa Sede, andò a Cuba alcuni mesi prima per incontrare Fidel Castro. Dopo una lunga attesa, fu ricevuto a tarda sera e l’incontro si prolungò per tutta la notte. La maggior parte del tempo, cioè diverse ore, Mons. Tauran lo trascorse in piedi e senza dire una parola, ascoltando il “Leader Maximo” che gli faceva l’elogio della politica cubana e dei suoi frutti! Quanta pazienza! Il Card. Casaroli, ricordando i suoi viaggi nei Paesi dell’est prima della caduta del muro di Berlino, ha scritto un libro dal titolo significativo: “Il martirio della pazienza”! A volte, proprio esercitando la pazienza la Chiesa riesce ad ottenere tanto bene per i suoi fedeli. La Visita a Cuba, alla fine, fu un grande successo. Indimenticabile la folla presente in piazza a L’Avana il 25 gennaio. Ho voluto ricordare uno dei tanti viaggi “memorabili” di Papa Wojtyla per mettere in evidenza la portata storica, sociale ed ecclesiale di un Viaggio apostolico. È un momento forte innanzitutto per la comunità cristiana, ma anche per quella civile inevitabilmente coinvolta.
Della raccomandazione fatta da Gesù: “Andate in tutto il mondo…”, Giovanni Paolo II ne ha fatto un programma di vita. In 27 anni di pontificato, ha compiuto 250 viaggi, in Italia e nel mondo, senza contare quelli dentro Roma e Castelgandolfo. Ha visitato 1.022 città; ha pronunciato 3.288 discorsi. La durata complessiva è stata di 822 giorni, 4 ore e 30 minuti. Ha percorso 1.247.613 chilometri, come avesse fatto 31 volte il giro del mondo, più di 3 volte la distanza tra la Terra e la Luna!

Espressione visibile dell’unità della Chiesa, il Papa, successore di Pietro, ha la missione di confermare i fratelli nella fede. Per tanti di voi, presenti quel giorno di 15 anni fa, l’incontro con il Vicario di Cristo qui ad Agnone è stato senz’altro un’occasione di riflessione, di meditazione e di crescita nella fede in Gesù Cristo. Nel Papa l’unità e l’universalità della Chiesa trovano la loro manifestazione. Egli si fa vicino con l’amore di un padre, per infondere speranza e per confermare nella fede i fratelli. Solo il Signore conosce l’abbondanza dei frutti che un Viaggio apostolico produce nei cuori delle persone che incontrano il Papa e nella vita dei Paesi da lui visitati.

È ancora quanto mai attuale, se non di più, l’appello che quindici anni fa Giovanni Paolo II rivolse in questa terra agli artigiani, ai contadini e a tutti i lavoratori infondendo coraggio: “Non arrendetevi di fronte ai gravi problemi del momento – disse – e non rinunciate a progettare il vostro futuro! … Cari artigiani, cari agricoltori, lavoratori tutti, prima di incontrarvi ho celebrato l’Eucarestia nel santuario mariano di Castelpetroso, tanto caro ai Molisani. I vostri avi hanno trovato nell’incontro con il dolore e l’offerta di Maria e con la Croce del Signore la forza per riprendere il cammino e per puntare verso traguardi più grandi”. Eravamo nel 1995, l’Anno del grande Giubileo si avvicinava. Così il Papa concluse il suo discorso: “Il terzo millennio cristiano, ormai alle porte, trovi anche voi pronti ad imparare dalla Vergine la grande virtù della speranza, che anche nella fatica quotidiana e, non di rado, nell’incertezza per il domani fa camminare fiduciosi verso il futuro”.

Ricordare oggi quell’evento è innanzitutto occasione per pregare per il Santo Padre, per il suo ministero di Pastore universale e per rinnovare l’impegno a lasciarci guidare dal suo magistero. Lo ricordiamo ogni giorno, durante la celebrazione dell’Eucaristia, chiedendo al Signore l’abbondanza dei Suoi doni affinché il servizio di Benedetto XVI sia ricco e fecondo per tutta la Chiesa.
Carissimi, siamo qui nella Solennità di San Giuseppe, Sposo della Beata Vergine Maria. Un santo di cui i Vangeli non riportano nessuna parola. Un uomo, scelto da Dio della stirpe di Davide, che ha colto i piani divini nella sua vita in un modo de tutto singolare, mediante i sogni. Sull’esempio di Abramo, nostro padre nella fede, egli ha creduto fino in fondo ai progetti di Dio, anche quando farlo richiedeva una fede grande.
Di San Giuseppe conosciamo il suo silenzio, un silenzio non remissivo davanti agli eventi della salvezza, ma di abbandono fiducioso alla volontà del Padre. Per noi è un chiaro esempio per riscoprire l’importanza del silenzio nella vita di ogni giorno, bombardati come siamo dal frastuono dei mezzi di comunicazione, che ci rovesciano addosso fiumi di parole, e quasi mai buone! Abbiamo bisogno di un supplemento di raccoglimento per ascoltare la Parola che si è fatta carne e che, custodita dalle cure di San Giuseppe, ha posto la sua dimora tra noi. Non a caso, la Chiesa lo ha voluto come Custode e Patrono.

San Giuseppe, poi, è un esempio per le famiglie cristiane, in particolare per i papà – oggi è pure la festa del papà – che dovrebbero guardare un po’ di più a lui per imitarne le virtù. Possiamo solo immaginare con quanta prudenza egli ha portato avanti l’opera educativa di Gesù, perché nulla fosse in contrasto con i piani di Dio.

Se oggi è la festa dei papà, almeno fatemi dire, in modo forte e chiaro che, tra i tanti, il diritto prioritario dei bambini è quello ad avere un padre e una madre e a nascere dal loro amore. Sembra scontato, ma non lo è affatto. È sotto gli occhi di tutti, oggi, la crisi dell’educazione che chiama in causa la responsabilità della società nel suo insieme; ma, in particolare, la responsabilità delle famiglie: priorità data al lavoro, alla carriera e al divertimento invece che alla cura dei figli; latitanza della figura paterna; crescente assenza anche della madre; mancanza di forti convinzioni etiche e religiose; atteggiamento permissivo; disaccordo tra i genitori; traumi causati da separazioni, divorzi, violenze domestiche. Anche se benestanti economicamente, molti ragazzi crescono poveri di ideali e di speranze, spiritualmente vuoti, interessati solo al tifo sportivo, alle canzoni, ai vestiti, ai viaggi, alle emozioni. L’unica virtù in cui mostrano di credere è la cosiddetta “autenticità”, che di fatto significa spontaneismo e narcisismo. Spesso per uscire dalla noia e dall’insicurezza, si mettono in gruppo – per non dire che si organizzano in bande, baby gang, branchi –, e diventano trasgressivi: bullismo, vandalismo, droga, rapine, stupri, delitti.

Devastante per l’educazione dei figli si rivela sempre più la separazione dei genitori. I bambini hanno bisogno di abitare e vivere insieme ad ambedue i genitori. L’unità e la stabilità della coppia parentale è il dono e l’aiuto più grande che si possa dare loro. I bambini non vogliono essere amati da due genitori che non si amano tra di loro; non vogliono due amori paralleli. Hanno bisogno, per dir così, di un amore triangolare, in cui i genitori sono innanzitutto uniti tra loro e insieme si prendono cura dei figli.

Tutti i membri della famiglia si educano reciprocamente. I coniugi si educano l’un l’altro; i genitori educano i figli e anche i figli educano i genitori. Tuttavia, è singolare la responsabilità dei genitori nei confronti dei figli. Una buona relazione educativa comporta tenerezza e affetto, ragionevolezza e autorità. È importante che i genitori coltivino il dialogo con i figli; siano affettuosi e generosi, senza essere permissivi; siano esigenti e autorevoli, senza essere duri; si mantengano coerenti e concordi nei comportamenti e nelle regole da far osservare; sappiano dire sì e no al momento opportuno. Non basta dare ai figli benessere e affetto. Occorre un accompagnamento premuroso e intelligente che li aiuti a superare il narcisismo infantile, ad aprirsi agli altri, ad affrontare le sfide della realtà e le prove della vita, a sviluppare personalità equilibrate, solide e affidabili, costruttive e creative.

Carissimi papà, educate così i vostri figli, (ex ducere) fate venir fuori da loro il progetto che Dio ha pensato per ciascuno fin dal momento del concepimento. I figli, cari genitori, prima di essere figli vostri sono figli di Dio. Chiedete la protezione di San Giuseppe sulla vostra delicata opera educativa! Oggi più che mai, il vostro è un impegno imprescindibile.

Vorrei concludere queste riflessioni con una preghiera:

Signore Gesù,
in questo giorno celebriamo e ti rendiamo grazie
per il silenzio di San Giuseppe,
custode della piccola divina famiglia di Nazareth.
Fa che impariamo dal suo silenzio:
insegna al nostro cuore
ad accogliere le insondabili vie di Dio,
i suoi progetti d’amore,
senza porre inutili questioni,
ma offrendo la vita, perché si compia,
accettandone il prezzo, ciò che deve essere.
Interceda per noi San Giuseppe,
uomo di fede e maestro di vita,
insieme alla tua Sposa, la Vergine Maria.
Amen!

Ufficio Diocesano per le Comunicazioni Sociali - Comunicato StampaAgnone (IS), 22 marzo 2010

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