Domenica 10 agosto | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 10 agosto

Liturgia: Sap 18, 3.6-9; Sal 32; Eb 11, 1-2.8-19; Lc 12, 32-48Domenica 10 agosto

Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.
Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov'è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro! Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Chi è dunque l'amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: "Il mio padrone tarda a venire" e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l'aspetta e a un'ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.

Non basta usare bene quello che si possiede, è necessario imparare l'uso del tempo. C'è un solo modo: vigilare nell'attesa del ritorno di Gesù. Questo spiega l'immagine della cintura ai fianchi di chi è pronto a partire o la lucerna accesa per vegliare la notte in attesa di qualcuno, meglio se è lo sposo, ma va bene anche per timore dei ladri.

Esser pronti non vuol dire pensare ogni momento alla morte, ma vivere in modo da non averne paura.

Cosa può spaventarci, infatti, se per il Padre noi siamo il "piccolo gregge"? Nome bellissimo del popolo di Dio! Dice il suo poco bisogno, l'assenza di ansia, la pace di ricevere intatto il tesoro che è la vita nuova, la libertà dal tempo e dagli uomini.

Il tempo è per la vigilanza e l'attesa. L'opposto dell'agitazione febbrile e inquieta, la calma di fare una cosa alla volta per amore. E lo sposo ci troverà pronti, non solo all'ultima fine, ma anche all'umile rendiconto dell'attimo presente, il solo tempo di questo giorno che si tiene attaccato alla nostra responsabilità di vigilare su noi stessi, ma anche sull'altro che ci è stato affidato.
Il piccolo gregge ha conosciuto la cena di quella notte di liberazione che precedette l'uscita dalla schiavitù dell'Egitto, in un clima di attesa e di viaggio. E le lucerne accese di fede sono quelle della notte santa di Pasqua. Il tempo cristiano non è quello dell'eterno ritorno, ma è la storia della salvezza portata da Colui sta venendo e al quale bisogna subito aprire. Già il gregge è poca cosa. Aggiungendo piccolo, Luca lo rende ancora più esiguo. Proprio il patto di piccolezza è la giusta condizione per non avere timore perché non si ha nulla da perdere, ma tutto da ricevere in dono.
Il piccolo gregge non deve aver paura. C'è chi ha contato, nel vangelo, tutte le volte - sono 365 – in cui il Signore lo raccomanda, quasi supplicando. Siamo figli di Dio e il regno è già dato. Dobbiamo solo avverare quello che siamo.

C'è un resoconto legato al ritorno del Signore, che però non è singolare e rimandato alla fine del mondo o a quella di ciascuno. C'è anche l'umile rendiconto del tempo di ogni giorno a chiederci di stare con la cintura ai fianchi come i figli d'Israele che scamparono all'Egitto del faraone che li teneva schiavi. Allora avvenne al termine della cena pasquale; anche il vangelo di oggi parla del ritorno del Signore che diventa una cena con le lucerne accese ad illuminare la santa notte della Pasqua.

Prepararsi, attendere, arrivare, trovare … il tempo cristiano non ruota su se stesso in una continua replica che annulla ogni cosa perché la mostra divorata dal nulla, ma è una linea dritta, una freccia scoccata, una strada lungo la quale lo Sposo sta venendo, e sulla quale gli andiamo incontro; per questo la nostra è un'unica storia di salvezza, con l'inimmaginabile finale del Padre che mette a tavola i servi e passa a servirli. A questo prepara anche la lavanda dei piedi che introduce e spiega la passione di Gesù.

Cosa sarà alla fine del mondo? Lo sposo ci metterà a tavola e passerà a servirci. L'ha già fatto col piccolo gregge dei dodici, lavando prima i loro piedi perché fossero degni di quel paradiso. In punto di morte la sorella della piccola Teresa di Gesù Bambino le chiedeva se avesse paura dell'arrivo del ladro. E lei: lo aspetto!

L'attesa e le lampade evocano la notte, tempo di riposo, incontro, preghiera; ma anche arco teso d'insonnia, velo di paura, silenzio sospeso. I cristiani non la temono, sono nati in essa, nella grande notte pasquale illuminata dal fuoco nuovo della lampada del loro battesimo.

Il padrone torna dalle nozze e bussa; poi entra, si cinge e serve. Anche nell'Apocalisse dice che busserà alla porta. È un Signore molto mite. Torna dalle nozze. Penso a Gesù dopo le sue nozze sulla croce. Il servo fedele aspetta il padrone anche quando tutti dormono. Il cristiano aspetta il Signore che viene. La cintura ai fianchi è la tenuta di lavoro, di servizio e di viaggio prescritta per la cena pasquale. Il mistero di pasqua, di morte e resurrezione, in fondo si compie in una veglia. Di notte, ma non al buio. Ci sono le lucerne accese, le lampade della fede che fanno santa questa notte.

La veglia è lunga, ma non è tempo vuoto.

Mons Angelo Sceppacerca10 agosto 2025
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